ce con uno spirito diverso senza rinunciare tuttavia alle sostituzioni necessarie nei gangli vitali degli apparati pubblici e ad un completo repulisti dei servizi di sicurezza. D'altro lato, però, al momento di formare il nuovo Governo, Walesa ha dato prova di continuità. Dopo un improbabile ma significativo tentativo di far recedere Mazowiecki dalle dimissioni affinché restasse in carica fino alle elezioni politiche previste per la primavera (questa volta senza più posti garantiti per gli ex-comunisti), egli ha optato per una compagine in cui i Ministeri chiave (Finanze, Esteri, Difesa) restano affidati agli stessi uomini del .{).l.t BIANCO ~IL BOSSO i lii B1141 liiitiM itii governo precedente. Il nuovo Primo Ministro Bielecki, un economista di orientamento liberaldemocratico, ha dichiarato come la gestione dell'economia continuerà a fondarsi "sostanzialmente" sul piano Balcorowicz che resta appunto al Governo come Ministro delle Finanze. L'accelerazione, se ci sarà, si svilupperà quindi più sul piano dei gesti politici - "la grande politica si trasferisce al Belvedere'' ha detto il portavoce di Walesa - che non su quello della gestione concreta degli affari di governo, a cominciare dall'economia, riconoscendo così, a posteriori, che il governo Mazowiecki aveva ben operato, assicurando non solo un solido avvio delle riforme all'interno, ma anche una rinnovata credibilità internazionale della Polonia. Del resto la transizione dal comunismo alla democrazia, come sostiene Dahrendorf nel suo saggio sulle rivoluzioni del 1989, è un processo in cui i tempi della ricostruzione - perché di questo si tratta - delle istituzioni politiche, dell'economia, della società civile non sono destinati a coincidere; se per la prima si possono misurare in mesi, per le altre serviranno anni o decenni. Cee: senza Margareth, davanti a Saddam Bruxelles, gennaio - Al termine, tutti apparivano contenti, a Roma, dopo il secondo e ultimo consiglio europeo del semestre italiano; il maschile plurale riflettendo una realtà ripristinata rispetto all'eccezione durata 12 anni, dopo la scomparsa dell'unica, indigesta, «Lady», dalla scena. Una delle impressioni riportate da Roma, tuttavia, è che Margareth Thatcher verrà rimpianta, e più che altro come una sorta di «bussola a rovescio», sulla quale orientarsi in cerca della giusta stella per l'Europa. Tornato «club» per soli signori in grigio scuro, il vertice ha registrato l' «en plein» sperato dalla presidenza: al varo della conferenza tra i governi per l'unione economico-monetaria, è stato aggiunto quello dell'altra conferenza detta sull'unione politica. L'Europa ha riaffermato, come meglio non poteva, la volontà di andare avanti verso obiettivi di integrazione, largadi Francesco Mattioli mente impensabili ancora l'altro ieri, forzati dalla spinta delle opinioni pubbliche quanto da una scoperta rinnovata che, come ai tempi di Monnet, nulla è più forte di un 'ideologia che la necessità incarnata dalla storia. Ultima ideologa rimasta al tavolo dei Dodici, la Thatcher doveva scomparire, sia pure - come detto - con il ghigno finale di chi rende ai suoi pari ma avversari più difficile il compito di ritrovarsi uniti, alle prese non con un avversario bensì con un sosia, un altro «uomo in grigio». Non è da poco, in un semestre, avere messo in moto meccanismi negoziali il cui punto di arrivo prefissato sono modifiche dei trattati per fare della Comunità un'Unione europea. E giustamente la presidenza italiana se ne onora, anche di fronte al rischio - per l'Italia - di un'unione monetaria in cui il nostro paese resterebbe, ai suoi livelli di debito politico, in serie B (se il calen- -- - - -- - --- = 44 dario di Roma è rispettato e i miracoli non hanno il tempo materiale di prodursi); e anche di fronte all'altro rischio, costituito dalla fragilità di un sistema politico di cui sono padroni dei partiti inesistenti fuori dai confini (se non occasionalmente e ricorrendo a tutt'altro linguaggio e modi da quelli usati dentro casa). Sia: l'europeismo nostrano è anche altruismo. Eppure, non si può ai primi di gennaio ricordare Roma senza avvertire tutto il peso di piombo, oggi evidente ma che in dicembre sembrò ancora come un rombo lontano, della crisi del Golfo. Per un anno intero, tra i portenti dell'89, il compiersi dell'unità tedesca dentro la Comunità, il bussare di mani dall'ex-altra Europa alle porte di Bruxelles, il crescere di pretendenti a un posto in prima fila per il gran capodanno del 1993, data promessa per l'unico mercato, i Dodici si sono sentiti legittimamente a cavallo della storia.
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