Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 12/13 - gen./feb. 1991

biente entro il quale si svolge il lavoro. Riguardo alle cause interne il discorso è molto più generale, e quindi necessariamente generico: in poche battute, il riferimento è alla crisi generale della classe dirigente che da circa un decennio sta investendo la nostra società e da cui non si trova il modo di uscire per paura di abbandonare posizioni raggiunte e per paura del futuro. Se uno degli slogan di un passato recente era "la fantasia al potere", oggi lo slogan prevalente può essere riassunto con l'espressione "l'immobilismo e la ~!). Bl.\~CO 0(11. BOSSO •U•#hld conservazione al potere". La classe dirigente sindacale non fa eccezione a ciò, e resta ancorata a schemi concettuali e modi di azione inesorabilmente superati dagli eventi. È difficile pensare nell'attuale realtà ad argomenti adatti a dimostrare la superiorità del sindacalismo confederale, a meno che non ci si rifaccia a quanto abbia pesato nella storia italiana in questo dopoguerra, per la modernizzazione della società italiana, il sindacato confederale. Mi rendo conto però che una tale argomentazione, che guarda Genova. Reparto bulloneria alla llva di Voltri 1951. : _ 38 al passato, non è molto proponibile, e, allora, guardando ai guasti prodotti dall'azione asfittica dei tanti sindacatini particolaristici, clientelari non mi resta altro da dire che non si può continuare a rimanere nel regno del particolare, e che occorre rilanciare l'atteggiamento in favore dell'interesse generale, su cui solo il sindacalismo confederale può svolgere un suo ruolo. I cambiamenti necessari sono tanti e tutti difficili da realizzare in virtù delle forti resistenze che l'attuale "nomenklatura" sindacale oppone: Il cambiamento più difficile da realizzare, ma sommamente necessario, è quello culturale. Voglio fare un solo esempio. Ai tempi fulgidi del sindacalismo confederale l'attività di ricerca era massimamente considerata, oggi non riceve alcuna considerazione. Non mi riferisco soltanto alla ricerca di base, ma anche a quella più spicciola ed empirica. I ritardi culturali sono però difficili da recuperare. In secondo luogo il sindacato deve riaffermare il proprio autonomo ruolo rispetto ai partiti, mentre oggi il fiancheggiamento è prevalente. Non basta la finzione della separatezza dei ruoli, se poi all'interno delle organizzazioni prevale il cordone ombelicale con i partiti e con le varie correnti. Infine la politica rivendicativa deve prendere atto dei mutamenti strutturali intervenuti nelle economie e adeguarsi, anche se non è facile, alle nuove realtà. lo credo che il solidarismo debba riaffermare la propria preminenza. Sono in atto sempre nuove emarginazioni, sempre nuove povertà o sempre crescente l'alienazione. Contro questo indirizzo di marcia occorre accanitamente lottare per rompere la chiusura "nel privato" e la illusione dell'inevitabile vittoria dell'individualismo oggi prevalente. Dopo le cadute dei vari socialismi e il proporsi a livello internazionale di nuovi popoli e nuove esigenze, non mi pare affatto giustificata la vecchia e attuale divisione tra le confederazioni, anche se occorre evitare ammucchiate generiche, in cui ognuno tende a conservare la propria autonomia e i legami con il vecchio gruppo. L'unità deve essere un punto di arrivo, alla fine di un lungo processo di revisione e rinnovamento e non l'inizio del processo stesso.

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