{)lt BIANCO (l(11, HOSSO ■ it•ihld Una solidarietà che salvi le differenze O ggi più che mai la sfida esistenziale del sindacalismo confederale consiste nel saper coniugare il solidarismo con la tutela dell'interesse immediato e particolare del lavoratore. A differenza del passato, qu,ando i valori unificanti del lavoro erano più evidenti e quando ben più consistenti erano le fascie di povertà, nella società attuale i valori del solidarismo coinvolgono anche altri bisogni ed altre forme di emarginazione e pertanto si giocano su livelli più sofisticati, come quelli relativi alla qualità della vita, alla difesa delle risorse naturali, ai nuovi diritti di cittadinanza e di uguaglianza. Ecco perché sono più che mai convinto sull'attualità della nuova confederalità, intesa anch'essa come valore aggregante e di riferimento contro le tentazioni esasperate e disgregatrici del «far da sé», ma intesa anche come capacità diversa di rappresentare fino in fondo gli interessi dei lavoratori, scendendo in campo aperto sulle riforme istituzionali, sulla democrazia economica, definendo nel contempo un nuovo rapporto con la politica. Occorre, in sostanza, un generale salto di qualità nelle forme di rappresentanza degli interessi del lavoro, che presuppone più sofisticate capacità di elaborazione, nuove forme organizzative e di selezione dei gruppi dirigenti, nuove regole di rappresentatività. Senza questo scatto di reni appare difficile immaginare che, nel momento in cui il cambiamento epocale in atto porta con se, non solo il superamento degli ancoraggi ideologici, ma soprattutto un generalizzato cambiamento delle regole del gioco, la riforma dei meccanismidi rappresentanza politica lasci spazi adeguati alla rappresentan- - di Roberto Tittarelli za del lavoro rispetto alle grandi concentrazioni di interessi economici forti e prevalenti. Affinché il ruolo della politica ne risulti esaltato occorre che essa fuoriesca dall'impossessamento della rappresentanza diretta delle varie istanze sociali, ma si concentri nella sintesi complessiva di tutti gli interessi esposti. In questo schema gli interessi del lavoro potranno essere rappresentati dal sindacalismo confederale soltanto se questo diverrà veramente rappresentativo e se nel contempo saprà garantire sbocchi concreti nel nuovo assetto istituzionale alla propria azione politica, senza rinunciare ai valori forti e sostenuti dalla storia di un modello basato sull'autonomia, sul pluralismo e sulla democrazia interna. Questo scatto di reni occorre ancor più nel mondo del sistema pubblico per diverse ed evidenti ragioni. Innanzi tutto perché i meccanismi in vigore relativi alla formazione del consenso elettorale hanno fatto prevalere quasi sempre le ragioni della rappresentanza politica più che l'oggettiva valutazione dei risultati conseguiti dall'azione amministrativa, favorendo peraltro forme atipiche di consociazionismo e di attenuazione delle responsabilità. In secondo luogo perché la funzione dello stato sociale rappresenta l'equivalente a livello istituzionale di quello che il sindacalismo confederale significa nella rappresentanza del lavoro, cioè un modello di effettiva concretizzazione del socialismo. L'attuale situazione dimostra invece, da un lato un crescente divario tra ruolo dello Stato sociale e capacità gestionale della Pubblica Amministrazione, cioè del suo braccio operativo; dall'altro, un crescente interesse a spoglia35 re il ruolo dello Stato ed, in genere, di tutto ciò che è pubblico e quindi orientato a sostenere l'interesse generale, a vantaggio di quei settori privati sempre interessati a gestire soprattutto attività ad alto valore aggiunto e quindi in grado di garantire profitti. Di fronte a chi, anche all'interno del sindacato, ritiene utile una contrapposizione tra pubblico e privato, personalmente ritengo che, nell'epoca del crollo delle ideologie, attribuire una valenza quasi ideologica al rapporto pubblico-privato, appare meramente strumentale. Oggi la società ha bisogno di un sistema pubblico efficiente, autorevole e legittimato, in grado cioè di garantire un'offerta pubblica di servizi competitivi sul piano della qualità, ma non può rinunciare allo Stato sociale. In vista del processo d'integrazione europea l'emergenza servizi che caratterizza il nostro paese negli anni '90, significa condizionamento dell'intero sistema Italia. Quindi la parola d'ordine della nuova confederalità non può essere privatizzazione dei servizi, ma piuttosto eliminazione degli ostacoli che impediscono l'erogazione di servizi di qualità. Ben venga quindi l'unificazione delle regole per la disciplina del rapporto di lavoro tra pubblici e privati; ben venga una giurisdizione del lavoro unica e quindi un diritto comune unico; ben venga una Pubblica Amministrazione che si legittimi sui risultati che consegue più che sul mero rispetto delle regole formali; ben venga la distinzione tra la responsabilità della gestione rispetto alla responsabilità della politica, cioè della scelta degli obiettivi e dei controlli; ben venga la certificazione della reale rappresentatività sinda-
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