Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 12/13 - gen./feb. 1991

Questi valori sono in crisi ed è indubbio che gli orrori delle situazioni dei paesi dell'Est hanno fatto si che questa crisi sia irreversibile. Ma altri valori si affermano. Non mi appassiona definirli migliori o peggiori, certo sono diversi. Alla tanto declamata tolleranza si sostituisce la voglia di viaggiare, conoscere altri luoghi ed altre culture, magari apprendendo lingue straniere. Al vecchiomito del pubblico e del collettivismo si sostituisce il bisogno di un servizio più umano e il rispetto ed il rilancio di una privacy intesa come spazio in cui l'individuo riflette ed elabora la sua azione, una privacy che non è opposta alla famiglia, che anzi diventa sempre più un nucleo di solidarietà in cui persone con pari dignità, diritti e doveri interagiscono. Ancora una volta le donne più degli uomini sembrano farsi portatrici di questi nuovi valori, e lo hanno dimostrato concretamente allorquando hanno inteso una legge - la 194 - come veicolo di garanzia del diritto ad una maternità libera, cosciente, responsabile più che un "diritto" di aborto generalizzato. La mia esperienza di donna mi porta a non considerare assolutamente negativo e limitante affermare la propria parzialità, ma al contrario credo che l'avere questa consapevolezza non può che essere un pregio in quanto non azzera le specificità ma si pone l'obiettivo di armonizzarle. Non credo che sia vincente per affermare la "superiorità" del sindacalismo confederale esaltarne tout court la storica (e spesso ahimè passata) rappresentatività quanto piuttosto occorra cogliere il nesso esistente tra società complessa e complessità del progetto che è alla base della confederalità stessa. I mutamenti intervenuti nella società hanno portato il sindacato confederale nel suo complesso ad allargare il proprio orizzonte, nella elaborazione Uil questo è diventato il Sindacato dei cittadini, altri parlano di Sindacato dei diritti, altri ancora direttamente di solidarietà. È per questo che ritengo essenziale il dibattito e il confronto sui sistemi di rappresentanza e credo profondamente al tentativo di trovare una soluzione unitaria. i>JtBU~CO (.l(_11anosso 1111 #089 Terni. Altoforni Acciaierie. 1910 c. C'è una tensione comune che ripropone a un livello nuovo la questione dell'unità sindacale, ovviamente non come organizzazione corporativa dei lavoratori ma come organizzazione di massa che si pone come soggetto autonomo di partecipazione. Proprio il tema della partecipazione intesa come volontà/capacità di realizzare una reale democrazia fondata sulla libertà (mi viene in mente la vecchia canzone di Giorgio Gaber "Libertà è partecipazione") credo che sia il tema su cui il sindacalismo confederale dovrà misurarsi nell'immediato futuro. Sono convinta che abbiamo un'occasione storica, l'appuntamento europeo ne è una rappresentazione, forse la più immediata. Colgo positivamente il fatto che proprio a livello europeo le tre confederazioni siano insieme presenti nella Ces, e mi sembra estremamente positivo anche il fatto che la Cgil chieda di partecipare, seppure come osservatore, alle riunioni della Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi, a cui sono affiliate sia la Uil che la Cisl. Così come tutta la dimensione internazionale porta inevitabilmente con sè che qualunque sigla parli immediatamente diventa il sindacato italiano. Ma ben considerando questa condizione è vera anche in Italia se solo si esce fuori dal gruppo degli esperti sindacali, il sindacalismo confederale è uno, si differenzia fortemente dalle forme corporative ma non si colgono come fondamentali le divisioni al suo interno. Penso che sia molto questione di potere personale di questo o quel dirigente (ai vari livelli) se il processo unitario non va avanti. Lo dimostra il fatto che in una situazione in cui il potere è molto scarso (le donne) le tematiche e i terreni unitari sono molto forti. Tra i cambiamenti organizztivi che si dovrebbero mettere in opera credo ci sia l'eliminazione della struttura territoriale e regionale di categoria, penso infatti che dal livello di posto di lavoro si debba passare direttamente al territoriale confederale. Un accorgimento organizzativo di tal genere forse potrebbe ovviare a spinte particolaristiche; purtroppo ancora presenti. Credo altresl che l'affermazione di sensibilità nuove (cito per tutte il rispetto dell'ambiente e la pressante esigenza di vivibilità delle città), in una dimensione territoriale confederale potrebbero trovare maggiore spazio e importanza, andando a costruire uno dei nuovi valori su cui il sindacalismo confederale può puntare per il proprio rilancio. L'aspirazione profonda di questo momento storico è quella di una migliore qualità della vita, per alcuni, nostalgici di vecchie forme di militanza (vi ricordate il gioco di parole "militante/militonto" ?) questo altro non sarebbe che una spinta di edonismo reganiano. Mi sembra invece che sia la richiesta e l'aspirazione più profonda e genuina "negativa" solo perché presuppone un intervento qualitativamente sostanzialmente diverso. Ritengo essenziale per ridare slancio ad una nuova militanza, far si che ciascuno parta dal suo vissuto, che si eviti ogni forma di abnegazione in vista di un mitico mondo migliore (del tipo vecchia Unione dei Marxisti-leninisti), perché l'ideale si costruisce giorno per giorno cambiando e migliorando la propria vita e il proprio comportamento.

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