to dal sindacalismo autonomo, e per difendersi da esso, è andato via via smarrendo il senso del suo essere parte di un tutto. La crisi delle ideologie: traumatica quella marxista e magari di semplice aggiustamento quella cattolica, che rappresenta di per se un dato enormemente positivo, ha contribuito al venire meno di un "senso comune" che guardava agli interessi collettivi prima ancora che a quelli di categoria. In occasione della tormentata vicenda della scala mobile era prevalsa, se pure a costo di gravi lacerazioni, la linea di una moderna confederalità. Una linea ben compresa dall'opinione pubblica come dimostrarono i risultati del referendum ma che probabilmente era minoritaria all'interno del quadro militante del movimento sindacale. 011.BIA!\{:0 ~li.ROSSO •H•ihld Forse l'errore più grave l'abbiamo commesso all'indomani del referendum, quando anziché la strada di una ricostruzione unitaria che si misurasse con i problemi di strategia e di concezione del sindacato che erano drammaticamente emersi si è scelta la strada di una pacificazione che saltava a piè pari i nodi reali che erano e rimangono insoluti. Una pacificazione che è certo preferibile alla contrapposizione, ma che rischia però di reggere solo in quanto il sindacato decide di muoversi con azioni di basso profilo. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che con azioni di basso profilo il sindacato non recupera la credibilità e il consenso che sono indispensabili in una fase che richiede autonomia dai partiti e dalle istituzioni e una grande capacità progettuale e di realizzazione. Non credo di peccare di pessimismo se affermo che ciò è però possibile solo se si riapre, e a tempi brevi, una prospettiva unitaria e si esce di slancio da una unità di azione che serve più ad evitare litigi che non all'azione vera e propria. Rimanendo diviso in tre confederazioni il sindacalismo italiano non ha avvenire. Non mi riferisco ovviamente alle sigle o al numero di iscritti poiché da questo punto di vista potremmo anche essere eterni, ma al ruolo e al peso del sindacato nella società. Un Sindacato che sia in grado di mobilitare, attorno a grandi opzioni di solidarietà di efficienza e di sviluppo civile e democratico, si può costruire solo se l'unità da obiettivo stancamente eritualmente conclamato diventa scelta politica e ideale concreta. Una nuova militanza, senza miti L a considerazione che è proprio il sindacalismo confederale ad attraversare la maggiore crisi è indubbiamente vera. Interrogandomi sul perché di questa crisi, maggiore o quanto meno più evidente, mi è saltato subito gli occhi il ruolo che il sindacalismo confederale ha, e che a mio giudizio è la vera causa della sua crisi. Infatti il sindacato confederale è portato naturalmente ad occuparsi di problemi a più livelli, deve garantire una presenza istituzionale senza aver previsto una propria capacità di rappresentanza modulare a seconda dell'organidi Irene Spezzano smo in cui si trova ad agire, come dire è vittima esso stesso dei mutamenti che ha contribuito a determinare. E così da una parte è ancorato tuttora ad un bisogno di certezze che lo porta inevitabilmente a rifiutare nella sostanza il concetto e il valore della flessibilità, dall'altra, non ha saputo cogliere sostanzialmente il valore delle differenze che compongono la società nel suo complesso, e quindi non ha saputo investire su di esse. Il sindacalismo confederale quindi più di ogni altra forma di sindacalismo (Cobas, sindacati, leghe) si è caricato del compito di tutto rappresentare sen- : JJ za essersi mai interrogato a sufficienza sugli strumenti per realizzare tutto ciò. La situazione in cui il sindacalismo confederale si trova ad agire è estremamente contraddittoria: la crisi del comunismo è stata vissuta in Occidente, e in Italia in particolare, come una crisi di quegli ideali che il comunismo affermava. Ma è stata particolarmente la crisi di una generazione che, anche se si era staccata dalla forma partito del comunismo italiano, rimaneva legata agli ideali da questo proposti, il ruolo dirigente della classe operaia, la lotta di classe, la predominanza del pubblico e del collettivo.
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