Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 12/13 - gen./feb. 1991

tà, individuali e collettive. Tutto ciò mette in causa, ms1eme con le nostre forme di democrazia - interna e di mandato - e di organizzazione, i modelli stessi dell'azione contrattuale: la pretesa - non sottoposta oggi a verifiche democratiche di effettiva rappresentatività - di rappresentanza dell'intero mondo del lavoro (dei lavori, del non-lavoro, del non-piùlavoro); la validità e l'efficacia di modelli di azione sindacale basati prevalentemente o unicamente sullo schema conflitto/negoziato e, per di più, sulle specificità irriducibili che al conflitto deriverebbero dal suo prodursi in specifici contesti produttivo-merceologici; l'affidamento alla sola contrattazione della realizzazione di diritti che richiedono invece altri strumenti di definizione e la sottovalutazione, d'altro canto, dei livelli di contrattazione che meglio risponderebbero all'esigenza di Milano. Breda. 1915 c. - -· 1)11, Bl.\~CO '-Xll,HOSSO 1111 #hld rappresentare le diversità presenti nel mondo del lavoro e di costruire interazioni tra soggetti diversi. Le trasformazioni del potere economico e dell'apparato produttivo, la terziarizzazione e l'internazionalizzazione, gli esiti stessi dell'innovazione tecnologica richiedono profondi cambiamenti dei nostri modi di essere e di agire: è matura, ormai, l'esigenza di mettere all'ordine del giorno una nuova politica dei redditi, una redistribuzione delle materie contrattuali tra livellinazionali - confederali e di grandi comparti - e livelli decentrati, una sperimentazione di nuove forme di controllo, codeterminazione, cogestione. In ballo non c'è solo la prospettiva di una democratizzazione dell'economia e di un'umanizzazione del lavoro per un coinvolgimento partecipato nei risultati produttivi; c'è perfino la possibilità/capacità di gestione degli accordi, la ricerca di 27 convenienze comuni sul terreno della qualità del lavoro, dell'ambiente, della formazione. Non ci vengono, in proposito, segnali incoraggianti né dalle impresené, tanto meno, dal governo e dall'amministrazione pubblica. Ma bisogna ammettere che anche noi, molto spesso, non diamo segnali incoraggianti. Sono questi, tuttavia, i terni principali di una ricerca comune del sindacalismo confederale. Una ricerca, fra l'altro, imposta dal progetto di costruzione di un sindacalismo europeo. Ma è credibile tutto ciò senza profonde modifiche del sistema politico, della gestione del potere pubblico? Non è un caso che i settori del sindacalismo più impegnato nella ricerca di una nuova unità confederale siano anche i più interessati a questo livello dei problemi.

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