_il.t.l. lllANCO l.Xll. llOSSO lii•iilib del pluralismo della Cgil e della sua storia, del rispetto delle regole e della pari dignità nel rinnovarle; lo ha fatto con attenzione sulle scelte rivendicative, su quelle di collocazione internazionale, sulla democrazia industriale ed economica. Lo ha fatto con qualche pregiudizio sul terreno della politica dei redditi; sull'idea del rifiuto dell'antagonismo. Vi è però ancora qualche evidente punto di dissonanza. Che senso ha parlare della crisi del sindacato in termini quasi totali, definitivi? Perché dissolvere una componente e le sue responsabilità prima di avere concorso a definire le nuove regole del gioco? Perché pensare che con questa scelta si superano i nodi dell'autonomia della Cgil, quando questi permangono e possono essere resi più acuti dallo svolgimento del congresso del Pci/Pds? Quello che deve essere chiaro, è che quando parliamo della valorizzazione del pluralismo della Cgil non ci riferiamo ad una difesa di parte. Parliamo del valore proprio del sindacato italiano insieme a quello della sua autonomia. Del valore a cui per molti anni hanno guardato insieme la Cgil, la Cisl, la Uil. Non tutti, anche fuori della Cgil, hanno colto questo spirito. C'è chi addirittura ha dichiarato aperte le iscrizioni alla propria organizzazione. Questo è un errore, perché solo l'idea del pluralismo come risorsa e valore in sé può rendere più unito e più forte il sindacato italiano di fronte all'Europa. Ma non vedo perché ci si debba lamentare se ci tocca (per qualche tempo) caricare sulle nostre spalle la difesa di questo valore. Razzismoa Roma: la Pantanellacome esempio di Luigi di Liegro Ma a Roma come va il razzismo? Chi non sapeva finora dare una risposta per mancanza di prove, di fronte al triste muro antimmigrati costruito in questi giorni nella periferia romana, deve ammettere che in quanto a lotta contro i pregiudizi siamo ancora all'anno zero. Continuano ad esistere le condizioni per lo sviluppo del razzismo, mentre mancano, nella maggioranza dei casi, quelle per combatterlo. Gran parte dei romani sono immigrati, soprattutto dal mezzogiorno, a lungo discriminati, maltrattati e spesso sfruttati. È difficile trovare a Roma oggi il romano «da sette generazioni». È stato faticoso l'inserimento nella città di quanti venivano, nel dopoguerra, dal Sud per costruirsi un futuro. Ma questo non ci ha condotto ad essere antirazzisti, a pensare di non voler fare ai nuovi immigrati quello che è stato fatto a noi. Al contrario abbiamo sviluppato la tendenza a difenderci, a sospettare di :, 8 tutti, a considerare l'immigrato come un marginale, come un pericolo sociale, un fattore di instabilità, un criminale allo stato potenziale, un portatore di malanni. La figura stereotipata dell'immigrato «brutto, sporco, cattivo, miserabile», non viene suffragata da nessuna ricerca empirica. Manca totalmente una sua conferma nelle situazioni messe in luce anche da una recentissima indagine fatta dalla Caritas proprio sugli ospiti dell'ex Pastificio Pantanella, di cui si sono interessati in questi giorni i mezzi di comunicazione. Il susseguirsi di episodi marginali che la cronaca facilmente enfatizza, traccia un profilo di difficoltà di relazione cui siamo di fronte. Ma non si può tacere quanto sia grave il peso delle carenze informative basilari. La Caritas diocesana ha voluto venire in soccorso con una ricerca puntuale, che, per così dire, fotografa gli alloggiati all'ex Pantanella da agosto a novembre. Scorrendo i risul-
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