i.)-lJ. BIANCO '-Xli. ROS..',O iii•iil•h Post Pci: la nuova fase della Cgil di Ottaviano Del Turco I 1Congresso della Cgil è chiamato, in misura più ampia di altre occasioni, a misurarsi con i nodi del rinnovamento e dell'identità della più grande confederazione italiana. I cinque anni che ci separano dal precedente congresso non sono solo un periodo temporale denso di esperienze e di bilanci da trarre: segnano la più straordinaria fase di rivoluzione dal dopoguerra, la fine di un modello e di una storia a cui larga parte della sinistra italiana, e della Cgil, aveva ispirato le proprie idealità e le proprie identità. Segnano il superamento del comunismo e la trasformazione del più grande partito comunista d'occidente. Di fronte alla portata di queste trasformazioni, il congresso della Cgil è chiamato ad una prova difficile ma importante: fare i conti con quanto sopravvive di vecchio e di superato al suo interno, in termini di scelte rivendicative e di modelli ideali; rinnovare la propria carta di valori e di programmi scegliendo nella propria storia i contenuti più alti che hanno resistito alla prova dei fatti e sono gli unici a poter fondare la prospettiva, il futuro della Cgil, con il meglio dell'esperienza passata. Non quindi una rimozione generale che lascerebbe la Cgil senza memoria e valori, senza padri né madri, ma una scelta di verità che separi quello che va difeso e salvaguardato di questa storia da quello che va abbandonato e modificato. Per parte mia, ho ritenuto che questa prova importante di rinnovamento fosse definita da una netta ed inequivocabile identità riformista della Cgil, intesa come metodo di lavoro sindacale di definizione degli obiettivi di programma, come valore di unità interna alla Cgil ed all'intero mondo del lavoro, come scelta di difesa dai pluralismi contro ogni logica di intolleranza e settarismo. Una Cgil in grado di fare i conti severamente con i problemi della crisi della rappresentanza del sindacato, ma anche di valorizzare risultati ed obiettivi conseguiti; pronta a riflettere sui limiti presenti, ma anche decisa a superarli con chiarezza e con coerenza. Fanno parte di questi valori, l'idea di un sindacato moderno dei diritti, della solidarietà tra diversi, autonomo nella propria cultura, nei propri strumenti, nelle proprie proposte. Un sindacato che assuma il tema del proprio pluralismo politico come risorsa fondamentale per sé e per tutto il mondo del lavoro; che lasci le vecchie culture dell'antagonismo sociale e politico e si misuri con il più moderno e giusto binomio di conflitto e cooperazione; che si misuri (per davvero) con i temi della politica dei redditi e dei vincoli che ne derivano; che scelga con convinzione con l'adesione alla Cisl Internazionale il punto naturale di approdo di una scelta ventennale e la sede del proprio impegno per il superamento degli squilibri tra Nord e Sud del mondo. Infine, una Cgil in grado di vivere una nuova fase di regole nella sua vita interna, capaci di attenuare un ruolo burocratico delle componenti di partito, perché tali da avere al proprio interno per scelta esplicita, la condizione della valorizzazione del pluralismo politico ed ideale della Confederazione. Le risposte che sono venute a queste esigenze poste dai socialisti non sono state tutte lineari. Qualcuno vi ha voluto vedere una omologazione con scelte di partito; qualcuno ha voluto banalizzare questa o quella scelta di merito. È toccato a Bruno Trentin, nella relazione e nelle conclusioni del Convegno di Ariccia sullo scioglimento della componente comunista della Cgil, dare le risposte fino ad ora più organiche. Soprattutto nella replica di Ariccia, Trentin ha mostrato attenzione alle nostre valutazioni ed alle nostre proposte. Lo ha fatto sul terreno della difesa, dell'unità e
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