Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 10/11 - nov./dic. 1990

a sbocchi finali, ad instaurazione di regni definitivi, a rivelare infine il regno della trasparenza assoluta. Non si può porre termine alla pazienza dello sforzo e della lotta per reperire, tra le soluzioni possibili, quelle storicamente più opportune, in grado di offrire il massimo di espansione possibile alle istanze di giustizia e di libertà. Il riformismo mantiene insieme una istanza di trascendenza dello stato presente, per un migliore assetto della società in direzione della giustizia, ma nello stesso tempo fa i conti con il presente degli attuali rapporti umani e sociali, sforzandone la direzione nel verso della massima liberazione possibile dall'alienazione. Tocchiamo così un'altra delle ragioni di fondo che operano contro il riformismo: si tratta del giudizio esplicito od implicito sul sistema economico, politico e sociale che costituisce l'orizzonte dell'attuale fase storica, ciò il capitalismo come sistema di valori. Esso si traduce nell'economia di mercato, nella democrazia rappresentativa di tipo borghese, nel complesso dei valori e dei comportamenti che caratterizzano questa società come società della competizione della regolazione più o meno automatica determinata dal profitto e dai prezzi. Nella lettura che viene dunque fatta dell'attuale sistema economico e sociale, l'accento cade piuttosto sui caratteri ottocenteschi del capitalismo, ridotto quasi ad una forma economico-sociale pura, eterna e priva assolutamente di qualunque evoluzione e correzione. Se è così i caratteri che si sono aggiunti nel corso dei decenni, come ad esempio le varianti della forma del capitalismo sociale proprie dei modelli di Welfare-State, delle politiche e delle economie di stampo keynesiano, e perciò e più in generale delle forme che si sono storicamente realizzate per ampliare i margini di giustizia sociale, tutte queste varianti sostanziali dei precedenti modelli di economia, società e Stato sono considerate non intaccare la struttura di fondo del modello «capitalistico» di società. Che dunque permane come modello da negare e da superare «radicalmente», fin dalle sue radici, in una società totalmente nuova e giusta, sia che questa venga vista nell'orizzonte marxista della società senza classi e senza conflitti determinata dall'abolizione dei rapporti sociai.).tJ. BIANCO \Xli, nosso 111 •@1 id Un ritratto di Guido Miglioli. li di produzione che scaturiscono dal modello fondante della proprietà privata, oppure da modelli di società cristiana, forse ancor più scarsamente determinati sul piano delle istituzioni economiche, politiche e sociali, ma del pari espressione dell'abolizione delle discriminanti di classe e del primato del profitto, a favore di una società fondata sulla solidarietà e la giustizia. Sotto questo aspetto, emerge come sfondo una componente di carattere anticapitalistica, non sempre chiara nelle proprie motivazioni e per lo più oscillante tra istanze di tipo precapitalista piuttosto che post-capitalista, che emerge come sfondo inattaccabile, che regge il confronto con tutte le smentite della storia, anche quelle più radicali. Come appunto avviene oggi in campo marxista. Come detto, questi modelli mentali sono rivolti piuttosto al ricupero delle società del passato precapitalista, che alla costruzione di una società che abbia fatto i conti fino in fondo con la struttura capitalista e che quindi sia in grado di ampliare l'orizzonte dello sviluppo e della distribuzione della società del capitale. Sia pure inconsapevolmente, talvolta si è disposti anche ad accettare la riduzione delle sue basi di sviluppo, e quindi ad accettare anche una generalizzazione della povertà e del sottoconsumo come via obbligata alla liberazione (?). Ma al di là - o al di qua - di questi spunti critici, permane in questa cultura un atteggiamento mentale che sembra contrastare la cultura riformista alle radici, giacché ne respinge l'atteggiamento di fondo, l'accettazione dello sviluppo capitalistico e l'ipotesi di fondo che si possa intervenire in esso per correggerne le storture, attraverso un impegno politico di tipo gradualistico. Impegno che il risultato spesso di lotte immani e comunque di sforzi collettivi prolungati rivolti a privilegiare le istanze di giustizia mediante l'intervento a livello di modello economico e sociale, attraverso la leva delle politiche di redistribuzione della ricchezza, come attraverso l'intervento negli assetti proprietari, mediante l'estensione della sfera dei diritti sul terreno sociale e civile, come attraverso l'allargamento delle forme di democrazia e di partecipazione. Sotto quest'aspetto, l'istanza assoluta di negazione dell'esistente, la forma assolutizzata con la quale si affronta la politica, unisce due modi opposti ma speculari di accettazione acritica dell'esistente: l'atteggiamento conservatore e il velleitarismo rivoluzionario. Quest'ultimo, mentre attende la palingenesi totale, spesso sorretto dall'atteggiamento mentale del tutto o nulla, accetta l'esistente così come esso e, nel timore che qualunque sua riforma parziale, possa costituire un modo per rafforzare la sua strutturale configurazione di fondo. Si tratta della paura del mondo e della razionalità degli uomini e del rifiuto a misurarsi con il mondo e con gli altri. Si fa valere la valenza escatologica in chiave mondana, come fuga dal mondo e dai suoi problemi. In molte forme di rifiuto aprioristico del riformismo, sussistono quindi alcuni modelli culturali con i quali si rifiuta di fare i conti. Giacché questo comporterebbe anche una messa in conto della mediazione culturale tra fede e politica, tra politica ed etica, tra giudizio storico e giudizio di valore. Si preferisce cosi spesso aderire alle politiche conservatrici e coltivare velleitari dialoghi «rivoluzionari e popolari», piuttosto che fare i conti con le alternative storicamente possibili. Si preferisce sacrificare l'alternativa possibile, all'accettazione acritica dell'esistenza e alla sua sublimazione in un'istanza futuribile del tutto innocua perché velleitaria. Insomma, si preferisce eludere, come direbbero gli studiosi di psicologia, il test di realtà. Eppure i tempi sono maturi perché il dialogo tra i cattolici e il riformismo socialista diventi oggi realtà e speranza.

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