gioni culturali fanno agio sulle ragioni politiche, e le prime da sole sono considerate compiute e appaganti, mentre le secondo rivestono un carattere del tutto secondario e, comunque, anche in assenza o in carenza di realizzazioni programmatiche, l'a priori dell'appartenenza culturale è sufficiente da solo ad appagare anche le motivazioni più propriamente operative. Due questioni si impongono: da un lato la necessità di esaminare in che cosa consiste propriamente quest'a priori culturale, questo modello mentale che costringe da un lato ad escludere la forma riformista della cultura e della politica - fino forse a vedere in essa lo stesso obiettivo di tipo antagonista-, e dall'altro lato ad accettare anche politiche che sono di fatto nell'orizzonte della conservazione, come è accaduto nell'esperienza italiana in rapporto all'adesione alle politiche della Democrazia Cristiana. È opportuno sbarazzare il campo da una possibile obiezione, quella che per intenderci fa risalire questa difficoltà di rapporto alla matrice socialista del riformismo e alle componenti marxiste e anticlericali presenti sia nella dottrina come soprattutto nella prassi storica del partito socialista italiano. L'osservazione naturalmente ha una certa consistenza, come ragione storica, anche se non spiega affatto il paradosso del mantenimento di un dialogo stretto, sia pure da sponde opposte, con la tradizione marxista di stampo comunista. Questo significa che, a parità di adesione ideologica, si ravvisano maggiori elementi di contiguità e di contatto con la cultura comunista piuttosto che con quella riformista. Questi elementi di contiguità possono essere così sommariamente sintetizzati: innanzitutto il carattere totalizzante che fa da sfondo agli approcci culturali di molti aderenti a queste due impostazioni. Occorre infatti osservare che molti collegano scelta culturale e scelta politica in una dimensione totale; in questa, dunque, le stesse scelte di ordine pragmatico politico costituiscono l'espressione speculare della dimensione culturale prepolitica propria della opzione di vita della visione del mondo. In questa direzione, il carattere totalizzante di consistenza ad una forma mentis di tipo integralista che può essere presente in entrambe le cui- .{)JJ, BIANCO 0-11,HOSSO •H•#hld ture: in quella marxista, in quanto ad essa coessenziale; in quella cattolica, in quanto essa degeneri da fede nella trascendenza in una sua dimensione secolarizzata che assume come proprio oggetto di realizzazione e compimento finale la dimensione politica. A quest'ultima, perciò, si finisce per attribuire una valenza escatologica. Eppure il 1989, con la caduta della maggior parte dei regimi dei Paesi del socialismo reale, ha indubbiamente posto una seria ipoteca nei confronti del superamento della mentalità di tipo ottocentesco, bene incarnata dal marxismo: quella delle grandi ideologie totalizzanti, in grado di coinvolgere ad un tempo impegno di vita e impegno di rinnovamento totale della società e delle sue istituzioni, attraverso un rovesciamento dell'esistente e la instaurazione, una volta per tutte, del regno definitivo della giustizia e dei rapporti umani finalmente liberati da ogni forma di alienazione e quindi collocati sul terreno dell'assoluta trasparenza e libertà. Quest'ansia di rinnovamento totale è stata sempre strettamente congiunta con una lettura finalistica dello svolgimento della storia, vista quale processo di preparazione dell'avvento di questa nuova età. Il nuovo evo verrebbe così a costituire una rottura radicale con il passato, una frattura nella continuità del tempo, l'emergere di uno spartiacque che colloca il tempo precedente nella dimensione di temp profano, tempo della deviazione e dell'alienazione. Il tempo e la storia saranno instaurati - e in parte restaurati nella loro valenza originaria -, soltanto con l'avvento della nuova società. Con questa instauratio magna non solo si apriranno nuovi cieli e nuove terre, ma anche si darà vita propriamente alla storia. Solo con l'umanità liberata l'uomo si libera, per dirla con il Marx del III libro del Capitale, dal regno della necessità per entrare nel regno della libertà. In questo nuovo regno certo non finisce la storia; ma essa ormai si sviluppa all'interno delle coordinate tracciate da rapporti che sono divenuti, finalmente e una volta per tutti, rapporti dell'umanità liberata, tesa da ora in poi solamente all'espansione delle potenzialità umane. Si errerebbe nel vedere, nella delineazione di questi tratti, una semplice costruzione ideologico-dottrinaria. In realtà essa si accompagna e nello stesso tempo rende possibile una struttura mentale totalizzante, nella quale trova sbocco una istanza salvifica secolarizzata che ha per oggetto esclusivo il mondo e le sue istituzioni. Questa forma mentale ha trovato le sue realizzazioni negli anni sessanta e settanta in quell'esperimento di salvazione forzata che si è tradotto negli orrori della costruzione della società comunista di Poi Pot in Cambogia. E, sia pure su livelli diversi, anche l'esperienza dei Paesi dell'Est, così come gli esperimenti rivoluzionari condotti o ancora in atto nell'America Latina, sono stati sviluppati all'insegna di una fede nella liberazione totale. Il carattere totale e totalizzante dell'obiettivo finale rende del tutto irrilevanti le conseguenze storiche anche orribili di breve periodo. La mistica del dolore e della sofferenza come precondizioni che ci preparano e ci rendono degni della salvezza, preparano all'accettazione di ogni conseguenza, al rifiuto di considerare la realtà presente, al rigetto del presente in vista del nuovo futuro. Questa forma mentale che obbedisce ad una escatologia secolarizzata, non tollera la pazienza della politica che procede per tentativi ed errori, che verifica i propri interventi anche con le conseguenze di breve o di medio periodo, che non aderisce a verità politiche assolute e perciò si affida alla democrazia nella effettività dei suoi percorsi, lineari o tortuosi, per cercare le vie della giustizia possibile. Che ha scarsa fede nella rottura repentina, ma solo nella lenta costruzione che infine rivela talvolta, anche un nuovo mondo. In contrasto con il precedente modello culturale e mentale, il riformismo socialista costituisce la forma storica più adeguata di realizzazione delle esigenze di giustizia e di solidarietà presenti nelle istanze cristiane, e nello stesso tempo la forma politica riformista impedisce per un verso che si carichi la politica di una istanza totalizzante e, per altro verso, essa è in grado di mantenere il carattere di trascendenza proprio della fede. L'impegno o a fare quanto è possibile e dovuto, mantiene infatti il carattere di contingenza e insieme di apertura delle possibilità che è proprio di un tempo che, nella sua struttura mondana, non è direzionato
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