.{)JI. IU-\~(:() l.XII.HOSSO 11i1h1l1d I cattolici <<dopo>la> Dc I l partito della Democrazia Cristiana nasce dall'incontro dei vecchi popolari e dei giovani maturati all'antifascismo nel contrasto tra regime e Azione Cattolica e, ancor più, nella guerra e nella Resistenza. Per entrambe queste generazioni il rapporto con la storia (guerre mondiali, fascismo, nazismo, comunismo) è esperienza significativa e orientante: con questi grandi problemi si cimentano fede e testimonianza religiosa. Da questa matrice viene la forza politica reale, la fecondità e la tenuta della «formula» democristiana, ove si incontrano «principi» (insegnati dal Magistero) ed esperienze storiche dolorose (vissute dai laici e dalle autorità ecclesiastiche, in parità sostanziale). La formula democristiana era stata preparata, già negli anni di guerra, dai radiomessaggi di Natale di Pio XII. Fu poi consolidata dalla collaborazione, profonda e costante nel quinquennio decisivo, dal 43 al 48, tra De Gasperi, leader del nuovo partito, e Montini, sostituto della Segreteria di Stato e testa pensante del Vaticano di quegli anni. Scegliere e consolidare la «formula» democristiana non fu affatto operazione facile: fu cosa contrastata da destra e da sinistra. Prevalse la consapevolezza che nella realtà storica, nazionale e internazionale, la fine drammatica del fascismo e del nazismo, l'alleanza precaria ma grandiosa delle democrazie anglosassoni e del regime sovietico avrebbero richiesto e legittimato - a fianco delle democrazie liberali e socialistiche - una «democrazia cristiana». Per guardare avanti e in grande si preferì questo nome (più religiosamente caratterizzato, da Toniolo a Murri) a quello di «partito popolare» (che suonava più provinciale e datato, ma era di Luigi Pedrazzi anche più aconfessionale e laico), scelto da Sturzo 25 anni prima. L'unità politica dei cattolici, nella formula democristiana, ha il merito di aver legato anche le autorità ecclesiastiche più inclini a formule conservatrici ed autoritarie (un fascismo senza il Duce non sarebbe dispiaciuto a diversi cardinali), alle prospettive di libertà e di progresso sociale proprie della democrazia politica; e quando la rottura della alleanza tra democrazie anglosassoni e regime sovietico caricò di ideologia anticomunista la lotta politica in Europa e nel mondo e i rapporti sociali in Italia, la formula democristiana preservò un carattere popolare, evolutivo, pacifico, ai nostri sviluppi interni ed esteri, e garantì una sostanziale fedeltà del Paese agli istituti della libertà politica (oltre che economica). Nella storia italiana non si era avuta mai un'esperienza tanto significativa di unità elettorale e politica dei cattolici (laicato e autorità ecclesiastiche). L'unità cattolica infatti mancò nel Risorgimento dove, ritiratosi Pio IX dall'esperimento neo-guelfo, i cattolici si divisero in patrioti e austriacanti; nel post-Risorgimento furono intransigenti o conciliatori con la nuova Italia; nel 1914-15furono interventisti e neutralisti; durante il fascismo i cattolici migliori furono antifascisti, esuli o emarginati, ma tanti furono integrati e collaborativi con il regime; né tutti i cattolici furono poi con la Resistenza. È vero che neppure la formula democristiana è stata mai totalmente assunta nel costume effettivo della popolazione che può dirsi cattolica per la pratica sacramentale (battesimi, matrimoni, funerali religiosi ecc.); e viceversa alcuni risultati referendari (sul divorzio e sull'aborto) hanno indicato - =· 62 su temi religiosamente rilevanti e contro le indicazioni del Magistero - un comportamento di voto cattolico non unitario e percentualmente addirittura inferiore a quello in generale conseguito dalla Dc in elezioni politiche e amministrative: a conferma di quanto complessa sia la situazione culturale ed etica della popolazione cattolica ... Studi storici accurati, peraltro, hanno chiarito che anche ai tempi del non expedit la fedeltà dei cattolici (aventi diritto di voto con le leggi di allora) non fu affatto piena alle direttive astensionistiche del Magistero: in maggioranza, i cattolici aventi diritto al voto votarono, anche prima del 1903, ottenendo sul piano personale una larga comprensione dal clero locale e, talora, dalla stessa autorità romana interpellata riservatamente tramite la Sacra Penitenzieria ... L'unità politica ed elettorale dei cattolici è una formula «ideologica» che nasce dalla storia e influenza la storia. Centrale nella preoccupazione e nell'insegnamento del Magistero (ma non in tutti i paesi, con differenze cha andrebbero approfondite in sede storica e teologica); è sicuramente importante nella vita di molti cattolici italiani e senza dubbio è stata ed è influente nella nostra vita pubblica. Si delinea già oggi un «dopo» questa formula? Finora, solo il cardinale Ratzinger è intervenuto con chiarezza a restringere e delegittimare la portata di questa consolidata preoccupazione unitaria, sottolineando in via di principio la superiorità e l'indipendenza del servizio religioso della Chiesa rispetto ad ogni scelta politica concreta. Affermazione di principio vera in sé e autorevole per la carica ricoperta dal cardinale Ratzinger: ovviamente la Confe-
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