progressiva della nozione materiale di stato e si comprenderà l'esigenza di una realistica storicizzazione del problema. Esigenza di brevità oltre che i limiti dello scrivente impongono di considerare il problema esclusivamente nell'attualità, cioè sotto il profilo delle risultanti storico-politiche che si determinano dal groviglio di mutamenti che hanno caratterizzato la questione. Un dato permanente della cultura politica dei cattolici è certamente la difficoltà ad assumere nella sua autonomia e centralità la dimensione istituzionale dei passaggi politici. Comprensibile per ragioni storiche e comune ad altre culture cosiddette di massa, il residuo organicistico nell'interpretazione dei rapporti tra stato e società ha spesso fatto interpretare strumentalmente il quadro delle regole di garanzia rispetto alle pretese di valore. Il fondamento di tale convinzione si è a lungo situato nella sincera pretesa di riuscire ad interpretare le esigenzecollettive attraverso una sintesi unitaria. Per lungo tempo la nozione del bene comune ha costituito il corrispettivo teologico di motivazioni politiche volte a rifiutare la natura necessariamente «partigiana» della lotta politica. Questo dato di cultura politica ha certamente prodotto i suoi frutti positivinello sviluppare una riflessione sulla vocazione politica come servizio alla collettività, come azione disinteressata, ma ha prodotto - quando non sufficientemente mediata - terribili cortocircuiti (il conflitto o la sovrapposizione tra «ragion di stato o di governo o di partito» ed interessi comuni!). Ha inoltre consentito una rimozione costante.e prolungata nella maggior parte dei cittadini credenti della questione del potere, come cuore della dinamica politica, rendendo così ancora più difficilela considerazione della lotta politica come conflitto di poteri e di interessi. Tale concezione si è fortunatamente, combinata in modo virtuoso con il progresso storico-istituzionale della democrazia italiana del dopoguerra. La cultura politica dei cattolici ha trovato nell'esigenza di creazione dei comuni fondamenti della convivenza repubblicana la base teorico-politica della strategia consociativa, secondo un modellodi democrazia consensuale ti- .Pll, Bl.\:\CO lXll.llOSSO •U•AAUIII pico di sistemi politici particolarmente conflittuali e disomogenei al loro interno. Si deve a personaggi come Moro, Mortati, Elia e, con una certa specificità, Ruffilli il contributo per una certa «secolarizzazione della cultura politica dei cattolici, condotti negli ultimi decenni ad una progressiva demitizzazione dell'approccio organicistico ai problemi dello stato. In particolare, e certo per una serie di ragioni di vario ordine, si deve a Ruffilli lo sforzo (a partire dall'approccio politologico) di smascheramento delle ragioni del «potere» nella dinamica della politica e la tematizzazione delle questioni istituzionali, intese non più come strumento di tutela di una centralità della Dc, né come garanzia interna della logica consensuale, ma come condizione esterna di pensabilità e praticabilità della legittimazione sistemica dello stato, da un lato, e della libertà dell'azione partigiana all'interno di esso, dall'altro. Si aggiunga a questa la pedagogia morotea volta a superare la concezione della politica come pura testimonianza e ad accreditare l'idea di una cultura della mediazione politica intesa come effettiva cultura di governo che diviene nella direzione del paese sintesi politica programmaticamente insufficiente ed inadeguata - degli interessi. Sul versante del pensiero più rigorosamente giuridico, vi è poi il filone che conduce da Mortati ad Elia e che ha contribuito a legittimare delle ricostruzioni sulla forma di governo che internalizzano la dinamica partitica rispetto alla relazione tra i poteri dello stato nella determinazione dell'indirizzo politico generale, innovando considerevolmente le dottrine tradizionali. Questo contributo ha, non solo costretto ad una sofisticazione delle categorie di analisi, ma anche tematizzato il rapporto - storicamente dinamico - tra evoluzione del sistema partitico ed evoluzione dell'assetto istituzionale. È inutile dire che siamo oggi ad un punto di svolta. Punto di svolta che interroga la cultura politica dei cattolici proprio nel momento in cui si sta compiendo la più significativa transizione nella vita dello stato. La questione si pone, perciò, in modo terribilmente complesso. Si tratta infatti di concludere un passaggio di cultura politico volto al superamento della fallace pretesa di una infinita sovrapponibilità tra interessi sistemici e interessi partigiani, senza dimenticare gli uni e demonizzare gli altri. Ciò comporta certamente delle conseguenze per le modalità in cui si esprime la presenza pubblica anche dei cattolici, ma gli esiti sono tutt'altro che prevedibili ed a poco valgono le semplificazioni ideologiche di destra o di sinistra. Concretamente, invece, e proprio sul versante istituzionale, questo significa lo sforzo di «transitare» ad un nuovo scenario, definito - forse troppo ideologicamente - come «compimento della democrazia» e corrispondente sintenticamente al modello della democrazia competitivaa, cioè ad un sistema istituzionale che garantisca il pacifico e indolore ricambio delle maggioranze politiche alla guida del paese. Un modello di democrazia dell'alternanza che escluda le alternative antisistema e nobiliti la competizione programmatica oltre che la efficacia deliberativa. Per i credenti si tratta di uno sforzo volto a rendersi protagonisti e non soggetti passivi di questo passaggio. Vi sono le premesse perché questa non diventi una occasione mancata. L'importanza storica che ha assunto, ben al di là del merito, la proposta di referendum popolare sulle regole (elettorali) rappresenta la dimostrazione che sta effettivamente maturando una cultura politica ormai capace di distinguere interessi (legittimamente!) di parte e urgenze complessive. Questo snodo può essere la componente mancante al completamento ed alla rivalutazione di una definitivo legittimazione politico-istituzionale dello stato. Ma ciò non basta. È necessario uno sforzo capace di valorizzare ancor più le risorse umane e politiche che risiedono anche nel variegato mondo cattolico. L'agenda politica è ormai costretta a mettere all'ordine del giorno il problema di una dirigenza politica generazionalmente nuova, di un rinnovamento dei soggetti politici, di nuove sintesi politiche sulle quali misurare un'adeguata cultura di governo. Per la prima volta dopo alcuni anni sembrano esserci le condizioni storiche e le risorse disponibili sulle quali misurare la capacità di costruzione di nuova direzione politica. Chi sarà in grado di intercettare queste risorse è un problema assolutamente aperto.
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