Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 10/11 - nov./dic. 1990

tolici democratici. Ma poiché al centro del sistema politico, cardine dell'equilibrio fondato sulla aggregazione al centro, c'è stata e c'è ancora la Democrazia cristiana, il compito dei cattolici democratici ha un particolare rilievo. Si tratta, in una prima fase, di sostenere e promuovere quelle riforme istituzionali che sono la condizione stessa del passaggio alla democrazia dell'alternanza, e di favorire e sostenere altresì quegli schieramenti di forze, quelle ipotesi di governo che rendano possibile questo processo di riforma istituzionale. Si tratta, in una seconda fase, di giuocare il proprio peso per alternative credibili ispirate ai valori di cui la tradizione cattolica democratica è portatrice: non è scontato l'incontro del bianco con il rosso ma è possibile e in qualche misura auspicabile. Sia nella prima fase che nella seconda la fedeltà sostanziale alla tradizione cattolicodemocratica non si esprime più necessariamente nella Dc come in passato. Giustamente Pierre Camiti in un suo articolo su queste pagine nel numero di giugno-luglio afferma che la riforma istituzionale è necessaria ma non basta perché vi è anche un problema etico, di comportamenti, che coinvolge la riforma dei partiti. Ma perché il richiamo etico non resti predicatorio occorre che esso diventi anche una riforma capace -"!I. Bl.\~CO lXll.llOSSO •h•#hiii di creare nel nostro paese un sistema di responsabilità imputabili; e che diventi anche riforma elettorale che ridimensioni drasticamente il ruolo dei partiti. Questo sembra il compito più urgente che anche (non solo) i cattolici democratici devono assumere per contribuire a tirar fuori il paese dalla crisi morale e istituzionale in cui sta ogni giorno di più naufragando. Ma vi è un compito specifico che tocca ai cattolici democratici. Il passaggio ad una democrazia dell'alternanza non è solo un problema istituzionale e di sistema elettorale: è anche e forse soprattutto un problema di mentalità e di cultura. Nei partiti della sinistra questo passaggio esige il superamento della mentalità di opposizione e della funzione negativa, richiede la maturazione di un'autentica cultura di governo. Sul versante della presenza cattolica esige anche un radicale cambiamento di mentalità. In una democrazia dell'alternanza la Chiesa non può essere parte. Il compito della Chiesa e dei cristiani sul piano dell'impegno civile e politico assume aspetti nuovi e prima di tutto quello di ricostituire una riserva di energie morali, di dedizione gratuita e di impegno responsabile, una riserva etica, insomma, senza la quale la democrazia è destinata ad un irreparabile deperimento. In un sistema di alternanza di movimenti di volontariato e associazioni cattoliche, particolarmente sensibili a esigenze di solidarietà, possono assumere un rilievo decisivo come elemento di spareggio nel confronto bipolare che caratterizza necessariamente l'alternanza. Occorre uscire perciò dalla mentalità della appartenenza partitica e guardare alla politica in un ottica nuova, attenta ai contenuti e alla affidabilità morale delle classi dirigenti. Non si tratta, è bene sottolinearlo, di proporre la nascita di un secondo «partito cattolico», si tratta di superare la logica della appartex:ienza partitica come condizione esclusiva ed esaustiva di impegno politico. Questo impegno per la costruzione, nel mondo cattolico, delle condizioni morali e culturali della democrazia dell'alternanza sembra un compito specifico, oggi, dei cattolici democratici. Dunque una tradizione, quella dei cattolici democratici, che non si esaurisce ma che deve necessariamente ridefinire il suo ruolo in una stagione nuova della politica italiana. Solo illudendosi di continuare a svolgere nella nuova stagione il compito del passato - ed è questa mi sembra la tentazione della sinistra Dc - la tradizione cattolico-democratica rischia la sua estinzione. Orlando in campo Tra rischi e soluzioni N el momento in cui Leoluca Orlando si incammina con tutta evidenza sulla strada della costruzione di una nuova formazione politica che comincia a competere con i partiti tradizionali sul terreno elettorale, occorre capire non tanto quello che egli si propone, ma soprattutto che cosa egli rapdi Stefano Ceccanti presenti per quelle significative fasce di opinione pubblica che a lui guardano con attenzione. A mio avviso Orlando viene visto come uno dei figli legittimi della domanda crescente di passare, anche nel nostro Paese, come direbbe Duverger, da una «Repubblica dei deputati» a una «Repubblica dei cittadini», ossia da una condizione in cui ci si riconosceva acriticamente nei partiti esistenti (ed in cui pertanto gli eletti nelle assemblee rappresentative godevano di un «mandato in bianco») ad una in cui gli elettori decidono direttamente su programmi, coalizioni e leader. Questo

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