.Pll, BIANCO l.XltltOSSO Ht•iiiid Cattolici italiani e ''credito'' al Pci D ebbo analizzare una storia precisa, delimitata anche nel tempo, e rispondere a questa domanda: «Perché tanti cattolici, che tali volevano essere e restare, aprirono, negli anni '70, un rapporto di «credito» particolare con un partito «comunista» che, anch'esso, tale voleva essere e restare? La risposta è complessa, e tocca aspetti personali e soggettivi e aspetti più collettivi, e quindi meno opinabili. Come sempre, ma qui non è un dato solo «rituale», occorrerà fare un passo indietro. Scegliendo e votando il Pci, in quegli anni, un cattolico italiano operava una «rottura» con un certo costume, un certo modo di vedere la politica, la società, la storia, la stessa Chiesa. Come poteva, un cattolico, accostarsi ad un partito comunista? Escludo subito che sia lecito e pensabile, per un cattolico autentico, aderire al «comunismo» come sistema filosofico, come materialismo dialettico, come marxismo nel senso di filosofia della natura e della storia, di visione del mondo e della vita non solo atea, che già sarebbe assurdo, ma anche antiteista. Nessuno dei cattolici che ho conosciuto come simpatizzanti, elettori e anche membri attivi del Pci, ha mai pensato di essere comunista in questo senso. Se qualcuno c'è stato, era una contraddizione in termini. Su questo aspetto, direi dottrinale, filosofico, teorico, l'incompatibilità tra visione cristiana della vita e marxismo-comunismo è totale. Da questo punto di vista la scomunica del 1 ° luglio '49 era chiarificatrice, anche se il suo uso, e forse anche le sue intenzioni, sono state ben più portatrici di sofferenze e di scandalo di tanti «povedi Giovanni Gennari ri» e «ultimi» di quanto non si pensi. Acqua passata, ma mista a tante lacrime e sangue... L'opposizione dottrinale della Chiesa cattolica al comunismo era inevitabile, e necessaria. Inevitabile e necessaria fu anche, occorre riconoscerlo, l'opposizione storica e politica a quel comunismo che si era realizzato con la violenza in Urss, e con la violenza e l'inganno nei paesi dell'Est europeo. In quei regimi la persecuzione e l'eliminazione della Chiesa come tale, e dei credenti, era immediata e intenzionalmente totale, nonostante ogni propaganda e ogni affermazione in contrario, che da noi era fatta a scopo chiaramente politico. Il Pci di quegli anni si mostrava del tutto solidale e in linea con tutti i regimi comunisti, presentati falsamente - e difficilmente si può pensare che la cosa avvenisse in piena buona fede - come terre di libertà e di rispetto per le coscienze di tutti. Togliatti non poteva non sapere ciò che, anche dal punto di vista della illibertà religiosa, accadeva in Urss e nei paesi satelliti, ma non ebbe né il coraggio, né forse la forza per distaccarsene chiaramente, anche solo su questo aspetto. È un elemento di cui tenere conto, sempre, per giudicare certo anticomunismo cattolico di quegli anni: aveva di fronte il comunismo dal volto di Stalin, il comunismo dell'ateismo imposto, delle persecuzioni antireligiose, dei massacri e delle fucilazioni di massa. E il Pci taceva. È solo un dato di cronaca, ma varicordata la tragedia della Chiesa cecoslovacca alla fine del 1947: tutti gli ordini religiosi soppressi, tutti i conventi requisiti, tutti i religiosi deportati, tutte le chiese chiuse, tutte le proprietà ecclesiastiche, anche ospedali e scuole, confiscate, ogni attività di catechesi punita come tradimento, tutta la stampa religiosa proibita, il primate, cardinale Beran, imprigionato e deportato. Stessa cosa in Iugoslavia, con la terribile vicenda del cardinale Stepinac, e stessa cosa in Ungheria, con l'imprigionamento e il processo-farsa, accompagnato da tortura, al cardinale Mindszenty. Oggi tutti riconoscono che furono ignominie, e le riabilitazioni fioccano. Allora la stampa e la propaganda del Pci parlava un linguaggio diverso, e presentava le vittime come traditori, come «fascisti», come nemici del popolo ... Il passo indietro che abbiamo fatto, tuttavia, non solo non spiega il «credito» al Pci degli anni '70, ma lo renderebbe ancora più incomprensibile, più scandaloso, più irragionevole. Come è possibile, con queste premesse, che si sia finiti a quella conclusione, del tutto diversa? Il fatto è che in pochi anni una serie di circostanze, di fatti, di idee, di persone, avevano prodotto un mutamento epocale nel mondo in genere, e nel mondo cattolico in particolare. Provo a spiegare, ma dovrò limitarmi quasi solo all'elenco dei «fattori di mutazione», che abbozzo in modo estremamente sommario: papa Giovanni, il Concilio, l'era kennediana, il '68, l'autunno caldo sindacale e operaio, la guerra del Vietnam, l'Humanae Vitae e la reazione ecclesialead essa, il declino del centro-sinistra, la crisi ideale e politica della Dc, il referendum sul divorzio, le teologie politiche, la teologia della liberazione (G. Gutierrez), la secolarizzazione della politica e la «spiritualizzazione» della fede e della Chiesa, le stragi e la strategia della
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