{)JI, BIANCO ~11,llOSSO iii•iii•P Pci: dalla falce alla quercia di Gian Primo Cella I 1 cammino della formazione politica comunista ed ex-comunista fra i due simboli non sarà facile. Se i simboli contano, e si sa quanto hanno contato (assieme alle parole) nella tradizione comunista, una prima difficoltà sarà posta dalla presenza del vecchio simbolo alla radice della quercia. Un vincolo con il passato che penso sia stato collocato in quella posizione non solo per ragioni «ignobili» (l'impedire il suo utilizzo elettorale da parte di gruppi scissionisti) ma anche per ragioni «nobili»: il legame alla tradizione, la distinzione dalle componenti socialiste nel movimento operaio, l'ammissione di paternità, un rifiuto del rilievo. La vecchia effige potrebbe impedire lo sviluppo della nuova formazione che, in verità, sembra essere solida solo nella immagine (la quercia), mentre se sarà veramente nuova sarà fragile come tutti gli ultimi arrivati entro un sistema politico-partitico in crisi quanto si vuole ma consolidato. Ma potrebbe anche riaffermare un carattere, la doppiezza, che sen\brerebbe oggi la componente più sgradevole della cultura e della pratica politica del comunismo italiano. Tuttavia, la presenza del vecchio simbolo, qualcuno suggerisce sarebbe solo temporanea e rivolta a proteggere i sentimenti senza ostacolare la nascita di una nuova ragione politica. Sgombrato allora il cammino da ogni ostacolo? Si e no, e vediamo perché. Il cammino fra la falce (più il martello) e la quercia potrebbe non essere solo difficile, potrebbe essere impossibile. In politica certo non sono comuni i «teoremi di impossibilità», e la storia è piena di più o meno brillanti trasformazioni condotte in porto con successo. Ma forse, in questo caso, un simile teorema si rivela applicabile, e dimostrabile, od almeno si presenta come un utile strumento interpretativo. Il teorema è così enunciato: si dia una formazione politica A, che vuole diventare la formazione politica B, preservando nella sostan- ~ 4 . - - --- - - - - -- za la sua consistenza e le sue dimensioni; si verifica impossibilità quando per il raggiungimento di B, essa è costretta ad attivare dinamiche che le impediscono il mantenimento delle dimensioni di A, e quando per il mantenimento di queste ultime deve preservare condizioni che le impediscono di raggiungere B (dato il postulato di una certa tendenza dell'ambiente esterno a muoversi su una linea che da A va verso B). La stilizzazione è imperfetta, e spero non solo provocatoria. Ma in qualche modo rende il tipo di problemi che si trova ad affrontare l'attuale (ex) Pci. L'impossibilità si manifesta su molti fronti, e gli esempi non mancano. La prima parte del teorema è verificata attraverso la strepitosa esplosione di conflittualità interna che sta accompagnando il sorgere della nuova formazione. Tali fenomeni minano quella condizione di «diversità» che aveva caratterizzato il Pci rispetto agli altri partiti italiani. Una condizione all'insegna del centralismo democratico, che aveva come corollari una dose elevata di moralità politica (in assenza di correnti legittimate viene meno un potente incentivo alla immoralità predatoria rivolta al sostegno delle correnti stesse) ed una disponibilità «paterna» del partito nei confronti degli iscritti o dei simpatizzanti. Tale condizione era attaccata, ed è comprensibile, dagli altri partiti democratici, spesso tormentati da una conflittualità interna invero eccessiva. Si può certo sostenere che tale mutamento sia un prezzo necessario per l'arrivo alla formazione B (ed al tipo di partiti ad essa simili). Ma questo prezzo molti non lo vogliono pagare, anzi rifiutano solo l'idea dell'apparire del prezzo, e probabilmente abbandoneranno il campo. Con le identità non si gioca. La seconda parte del teorema è verificata attraverso i periodici ritorni della tradizione di cultura politica comunista che hanno contras-
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