Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 10/11 - nov./dic. 1990

teressi e le loro tendenze. Perché per un cattolico (e non solo per un cattolico) è giusto che la politica non sia legata alle ideologie ma essa non può essere ridotta a pura prassi in quanto la politica è costruzione di una società e la società si costruisce innanzitutto su dei valori. Ora nel momento in cui i più grandi partiti politici italiani sono di fronte alla necessità di una profonda trasfor- {)Jt Bl.\~CO \.Xlt llOSSO ■ fi•#hlii mazione e alcuni di loro l'hanno già da tempo iniziata, si tratta per i cattolici di capire in che modo e in quali /orme essi possono collaborare a queste trasformazioni sulla base della loro formazione cristiana, che non è una ideologia, ma che contiene dei valori che essi non possono accettare in alcun modo che vengano travolti. I partiti cioè sono di fronte a nuovi compiti non solo politici ma etici e la Chiesa ha dato un grande contributo con il Concilio Vaticano II. Perciò la nuova stagione politica, che è ormai indispensabile che si apra per il nostro paese, vede i rapporti fra Chiesa, Democrazia cristiana e Cattolici italiani in un quadro radicalmente differente da quello che per molti decenni si era in qualche modo strutturato. Il compito che tutti abbiamo davanti non è semplice ma non è eludibile. I cattolici a sinistra: anticipatori da rivalutare D i quei credenti che nel quarto secolo che va dalla resistenza alla svolta del '68 seppero muoversi politicamente fuori dal campo democristiano si dovrà pur ricominciare a parlare, e non solo in un'ottica di valutazione storica: appare a tutti ormai evidente come ci troviamo oggi di fronte a scenarj inediti in cui il principio dell' «unità dei cattolici», sostenibile forse in passato come «stato di necessità», non abbia più motivazioni credibili nell'ordine politico, anzi si riveli sempre più dannoso e controproducente per la stessa istituzione ecclesiastica. E proprio questa invece, ancor più del partito Dc che sente di non avere l'autorevolezza per dettar le regole di una tal rappresentanza unitaria, si ostina a mantenere questo illusorio simulacro di «potestas indirecta». Dal canto suo più d'una volta il «laico» De Mita si è fatto schermo della autorità episcopale italiana indicando in essa una fonte di legittimità del suo partito: votate «noi», in fin dei conti, perché lo dicono «loro», «noi» Dc siamo il modello autorevolmente indicato da «loro» Cei. La Dc post-morotea è una curiosa, e fino ad oggi efficace, miscela di «ragion di partito», pienadi Giovanni Tassani mente realizzante l'autonomia del politico, e di «laicità», intendendo con questo termine una versione a raggio ridotto e ancillare di «laicità», mista cioè a ossequio «interessato» all'istituzione ecclesiastica. Del tutto fuori da questo circuito si sono invece mossi, dal dopoguerra, dei credenti che difficilmente troveranno l'onore di una considerazione nelle tante, generiche, «scuole di formazione alla politica», apparentemente tese a beatificare figure di politici cattolici doc, in realtà spesso con intenti di delegittimazione di una concorrenza interna, sul proprio stesso terreno. Giovanni Miccoli ha efficacemente descritto in un celebre saggio su chiesa e società italiana il «procedere coperto», il «parlare involuto e contorto» di certo mondo cattolico e democristiano, favorente lungo i decenni una «forma di lenta corruzione e involuzione intellettuale». Non diversamente Nicola Pistelli nel lontano '53 avvertiva come: «i cattolici vivono il mondo moderno attraverso tutta una serie di compromissioni pratiche che, col passar del tempo, maturano l'anzianità necessaria per divenire tradizione ed aspirare, in tale veste al rango di compromissioni : 39 teoriche». Egli già intuiva cioè la metamorfosi che sarebbe intervenuta nella Dc negli anni immediatamente successivi: la fossilizzazione di quel «metodo della libertà» che era stato vanto e onore dei migliori «popolari». Occorrerebbe fare una storia della generazione «popolare», sacrificata - nel partito dell' «unità dei cattolici» - a metà degli anni cinquanta in omaggio ad una «reductio ad unum» interna, che finiva per essere una «reductio» di secondo grado (dopo le scomuniche esterne). Basterà accennare a nomi come Domenico Ravaioli, Giuseppe Rapelli, Igino Giordani. Che poi la Dc abbia saputo comunque esprimere, tra le altre, anche nobili figure come quella di Aldo Moro, e abbia saputo governare il paese in momenti difficili, è altro discorso, che nulla toglie alla laicità limitata e al disciplinamento politico-ecclesiasticoancor oggi non contraddetto (con tentativi anzi, incredibilmente, di rilancio). Parliamo dunque dei cattolici non democristiani - e quindi «non garantiti» - che hanno voluto mantenersi fedeli a una laicità cristiana senza intermediazioni clerico-moderate. Si può partire· da una definizione di

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