B Per mezzo di questa libertà, le varie opinioni si presentano, si organizzano in correnti o in partiti politici, lottano per la prevalenza. La corrente prevalente di opinioni, o anche semplicemente di interessi, ha il diritto-dovere , di imporre la propria legislazione e i propri criteri di amministrazione. Una tale prevalenza però non può essere né unanime, né definitiva: vale soltanto fino alla prossima verifica. Si tratta infatti del così detto diritto delle maggioranze che, come tale, prescinde completamente da ogni idea di verità. i)!I, BI.\\CO ~ltHOSSO 11 f#hld Il formalismo del metodo sembra veramente in contrasto con la concezione cristiana che si appella alla verità come ultimo criterio per la validità delle scelte dell'uomo. Si devono però fare, a questo riguardo, alcune considerazioni. Il sistema democratico pretende infatti una sua definitività proprio nel provvisorio. Per evitare le secche del totalitarismo di ogni colore, non c'è altra via che quella di affidare la vita sociale ad un meccanismo che assicuri il ricambio delle prevalenze e la possibilità di esprimersi ad ogni opinione, senza che questa, per aver diritto di cittadinanza, abbia bisogno di una sua legittimazione logica o morale. Come tale riduce al minimo, tendendo ad eliminare l'uso di sistemi coercitivi, incompatibili con la dignità e la libertà dell'uomo. C'è di più. Facendo dell'opinione pubblica l'arbitro della propria esistenza, la democrazia, nel momento stesso in cui dichiara definitiva la propria esperienza, la nega, perché in realtà rinvia la propria legittimazione in qualche cosa che non è in se stessa, cioè in una dimensione metapolitica che non può non essere la morale. In questo modo il formalismo democratico esce da quella linea di assolutismo della politica che ha accompagnato il pensiero europeo a partire dal Machiavelli ed ha generato i vari totalitarismi. 14 giugno 1919 sciopero generale a Bologna durante i lavori del 1° congresso del Ppi. Il rinvio della legittimazione della politica all'ambito della morale, oltre a negare in radice qualsiasi possibilità di assolutizzazione della politica, avvicina la democrazia stessa al cristianesimo, come non aveva mancato di constatare a suo tempo il Tocqueville. Il cristianesimo, ed in modo particolare la Chiesa cattolica, ha sempre condannato l'assolutizzazione della politica, sostenendo che essa, come ogni espres- ~ - - - - -- - - - sione temporale, deve trovare la sua legittimazione in qualche cosa che la trascende. In questo modo, la missione propria della Chiesa di essere «luce del mondo» può essere svolta, in modo indiretto, anche nell'ambito della politica: è lo stesso formalismo democratico a richiederlo, perché, senza uno spirito che lo ispira, esso resterebbe appunto un corpus di leggi senz'anima, per di più continuamente cangiante e fluttuante. La funzione di conferire un'anima alla struttura non implica per questo alcun privilegio, perché il modo di essere del cristiano in qualsiasi comunità in cui operi è quello di servire, e il servire esclude di per sé ogni pretesa di privilegio. Il cattolico che si dedichi al servizio dei fratelli nell'ambito del temporale deve lavorare perciò insieme agli altri, aggiungendovi in più quel supplemento di vita che è necessario per la sopravvivenza della comunità e che non può risolversi nelle leggi istitutive o di funzionamento. In questo modo si ricostituisce anche un retto e positivo concetto di autorità. La necessità dell'autorità resta intatta anche se questa corre il pericolo di degenerazione per l'autoritarismo, che può allignare anche nelle società democratiche nel 37 momento in cui il potere tenda a presentare come definitivo ciò che definitivo non è. Questa tentazione, storicamente, si è presentata dovunque, anche tra i cattolici i quali, non di rado, come nel Settecento, nell'età della Restaurazione e, in qualche caso, perfino nell'età dei fascismi, hanno privilegiato forme di governo autoritarie ed assolutistiche che permettevano appunto una presenza privilegiata nella società. In questo senso, dunque, la democrazia è il regime che più è compatibile con il cristianesimo, purché sia chiaro che: a) sia funzionale alla costruzione e allo sviluppo di comunità non soltanto politiche, ma anche economiche, sociali o di altro genere; b) non pretenda di avere esiti individualistici o di essere mero sostegno di interessi, costituiti o emergenti; c) non si riduca a un mero apparato giuridico, ma sia aperta ad uno spirito universale che le dia un significato, un indirizzo, uno scopo; d) sia sempre animata da uno spirito di pace, il che equivale a dire che sia capace di comprendere le esigenze di tutti gli uomini, non soltanto di alcuni gruppi che si considerano privilegiati.
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