i.).t.t BIANCO '-Xli.ROSSO lii•lil•P cora una volta godere di un periodo di più elevato benessere. Nel frattempo vecchie e nuove povertà continueranno a svilupparsi. Da quanto finora detto dovrebbe poi risultare chiaro che le nuove forme di emarginazine non colpiscono quei gruppi sociali che a causa del lungo periodo di crisi economica hanno visto deluse le loro aspettative di continuo e crescente benessere: sono essi che hanno coniato questo termine, ma non è ad essi che lo si deve applicare. I nuovi poveri sono invece - e saranno - le vittime della combinazione della ristrutturazione economica e dell'affermarsi della rivoluzione tecnologica. La nuova povertà, dunque, proviene dal mondo del lavoro; la categoria maggiormente minacciata è rappresentata dal disoccupato adulto privo di abilità professionali richieste dalle nuove tecnologie. Vi sono poi due tipi di poveri che per ora rimangono nascosti, ma che non potranno rimanere tali per lungo tempo. Essi sono i lavoratori in cassa integrazione con scarse o nulle possibilità di essere reimpiegati in attività produttive ed i giovani in cerca di prima occupazione. I primi non sono poveri perché ricevono ugualmente la quasi totalità del loro salario, mentre i secondi non figurano nelle statistiche della povertà perché continuano a vivere in famiglie che povere non sono. Ma sia quella degli uni che quella degli altri è una situazione mantenuta artificialmente e che presto o tardi si tramuterà in povertà effettiva. L'ottimismo di certe statistiche dovrebbe pertanto venire corretto. Non si può infine non ricordare che, se è certamente necessario volgere l'attenzione v~rso le nuove categorie di poveri che si stanno ingrossando, non per questo vanno dimenticati coloro che mai hanno cessato di vivere nelle condizioni relativamente peggiori. Questo richiamo sembra oggi quanto mai opportuno dal momento che la povertà «tradizionale» sembra ampliarsi a causa dell'aumento delle situazioni di precarietà e marginalità mentre, parallelamente, il sistema pubblico di assistenza sociale, sembra avviarsi verso una progressiva riduzione, soffocato dalle crescenti difficoltà del sistema previdenziale e dalle restrizioni finanziarie che gli sono imposte. Solidarietà e innovazione di Lorenzo Caselli S olidarietà e progettualità possono essere fondamento di un nuovo riformismo. Con la complessità il riformismo deve necessariamente fare i conti. La categoria concettuale della complessità non è neutrale. Sulla interpretazione, controllo, risoluzione della complessità è in atto, al presente, un confrontoscontro di culture, di progetti e, soprattutto, di poteri. Al riguardo sono ravvisabili due modelli di gran lunga prevalenti. Il primo si propone la riduzione della complessità per via autoritaria, puntando sulla razionalità dei «pochi» (forti) a scapito dei «molti» (deboli), dei quali (o di una parte dei quali) è comunque sempre possi- : 26 bile l'ottenimento di una adesione o coinvolgimento subalterni. Il secondo modello consiste nella gestione meramente corporativa della complessità mediante l'accordo bloccato degli interessi dominanti. Ovviamente gli esiti possono essere diversificati a seconda della forza dei soggetti che realizzano l'intesa, del loro grado di rappresentatività e dei meccanismi di maggiore o minore democrazia esistenti al loro interno. Ai due modelli (nella pratica variamente combinabili) può risultare oltremodo funzionale la «burocratizzazione del pubblico». La crescente compenetrazione dello Stato nell'economico e nel sociale va di pari passo con la
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