Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 10/11 - nov./dic. 1990

,P.!I. Bt\~CO ilJ I. BOSSO Ui•Mlib con la povertà, anche se ad essa si aggiunge l'aggettivo «nuova». Parlare di povertà in questo caso significa non solo fare un uso improprio del termine, ma piuttosto dar vita ad una operazione politico-culturale volta a sviare l'attenzione da quelli che sono i problemi della povertà vera e propria, per attirare risorse verso le esigenze di queste categorie che povere non sono. In relazione alla crisi dello stato del benessere e della società industriale l'affermazione di questo tipo di «nuova povertà» si può interpretare come un tentativo di riaffermare la centralità della classe produttrice tradizionale ed il suo «diritto» ad ottenere dallo stato i patti per soddisfare anche questi nuovi bisogni. Non a caso queste affermazioni vanno di pari passo con le dure critiche nei confronti degli apparati assistenziali (quelli destinati ai poveri), nel tentativo di mantenere il meccanismo ridistributivo all'interno della classe lavoratrice. Vi è poi un altro modo di intendere la nuova povertà, collegato non più al modello sociale che proviene dalla società industriale in espansione, ma piuttosto emergente in connessione coll'affermarsi delle nuove tendenze imposte dalla rivoluzione tecnologica e dalla crisi dello stesso sistema industriale, già a partire dalla fine degli anni '70. Un decennio di difficoltà economiche non è passato senza lasciare tracce profonde nel mondo del lavoro. Anzi tutto sono state bloccate le tendenze verso il continuo miglioramento delle condizioni di vita e le aspettative della classe media sono state bruscamente frenate. Nel momento in cui i protagonisti storici della rivoluzione industriale stavano cogliendo i frutti del loro successo, è intervenuta una crisi economica di lunga durata che ha segnato un nuovo punto di svolta. Coloro che si definiscono «nuovi poveri» sono i soggetti passivi di questa inversione di tendenza. Essi sono certamente coloro che vengono esclusi dai processi produttivi, ma ancor più, in termini globali, i nuovi poveri sono coloro che si sentono esposti ad un nuovo rischo di perdere la loro posizione di centralità sociale. È ormai in atto una crisi che viene dal futuro: essa si esprime già attraverso la crisi del sindacato (spezzato dalle corporazioni), la crisi dei partiti (asfissiati dalla mancanza di partecipazione), la crisi della cultura (spostata verso tematiche e valori nuovi). La rivoluzione tecnologica, inoltre, sta dando vita ad una nuova casta di detentori della sicurezza, della tecnica e del Luigi Sturzo a Venezia al congresso della Dc nel 1919. potere; essi usano un linguaggio e una scrittura - quelli dell'informatica - che hanno ridotto le masse ad uno stato di nuovo analfabetismo o, quanto meno, di assoluta dipendenza. Un nuovo processo di creazione di disuguaglianza è in atto, rispetto al quale non solo non si vedono all'opera efficaci meccanismi correttori, ma nemmeno sembra diffusa un'adeguata consapevolezza. La nuova povertà che si sta creando appare quasi come il dovuto prezzo da pagare perché, superata l'imprecisata fase di transizione, l'intera società possa an-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==