Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 10/11 - nov./dic. 1990

i)JJ, BIAI\CO '-l'..ltROSSO iii•iil•d Congresso del Pci-Pds è quello di anticipare e non subire gli eventi. Ma non è il fatto tattico che conta; più rilevante è la conseguenza strategica di quella scelta. Un sindacato senza correnti è di per sé più autonomo? Se è scontato che le correnti organizzate sono una «diminutio» dell'autonomia, ma che ciò non impedisce atti e scelte autonome da quelle del partito (ed i socialisti l'hanno dimostrato più volte dei comunisti), è ovvio che la risposta onesta non può che essere: non c,è nessun automatismo. Non basta un atto, sia pure tanto rilevante com,è quello dello scioglimento delle correnti per decretare un più consistente livello d,autonomia. D,altra parte, nella Cisl - dove la formalizzazione delle correnti non c'è mai stata - si sono vissute, sin dalla sua nascita, più o meno epiche battaglie, proprio intorno alla qualità dell'autonomia sindacale, disegnando un pluralismo che travalicava la logica partitica. Ma proprio per questo, c'è da dare un valore intrinseco allo scioglimento delle correnti. Solo esso può «risindacalizzare» il confronto delle idee e le scelte conseguenti. Solo esso può consentire unità interna o schieramenti contrapposti non mediati in ultima istanza dal1'appartenenza partitica. Ovviamente, l'autonomia ha bisogno di un supporto più robusto, fatto di opzioni irreversibili, capacità progettuale, prassi democratica certa. Sotto questo profilo, Trentin a più riprese ha tentato di delineare questo supporto, cercando di dargli il segno della massima affidabilità. Non ha convinto Del Turco che lo ha motivato in modo convincente e concreto; non ha convinto la Segreteria della Cisl che lo ha detto esplicitamente con un suo comunicato. Né poteva essere diversamente. Nell'area comunista del sindacato pullulano visioni sul futuro del sindacato che vanno da quelli che ne parlano guardando lo specchietto retrovisore, a quelli che auspicano la cogestione e la concertazione. Ma questo sarebbe, come dire, ormai da collocare nell'ambito della fisiologicità. Quello che rende tutto tremendamente complesso e paralizzante è che - l'interiorizzazione di una pratica mediatoria interna alla logica correntizia - porta a trovare il punto di maggiore unità sul «non decidere». Le stesse proposte di Trentin sono dettate più dall'esigenza di tenere assieme quel ventaglio d'opzioni divaricanti, che di fare della Cisl un'organizzazione dai punti fermi e netti. Questo stato di cose non corrobora l'autonomia e non aiuta la formazione di quel ruolo di «soggetto politico» che pure Trentin assegna al sindacato del futuro. In fondo, Io scioglimento della corrente può fare soltanto da prologo all'ampia ricerca di quelPidentità nuova. La Cisl e la Uil però non possono restare in contemplazione di questa rimodellazione. Anch'esse hanno - sia pure con diverse condizioni di partenza - responsabilità precise circa l'affermazione di un sindacalismo che sia soggetto politico autonomo. Né possono farsi alibi delle incertezze della Cgil. Ed il loro contributo è decisivo per definire dove si colloca questo ruolo del sindacato. La crisi delle istituzioni e le palesi incapacità dei partiti di dare ad essa sbocchi durevoli potrebbe indurre il sindacato a «farsi Stato», ad individuare come prioritario terreno d'impegno appunto la crisi istituzionale. L'indubbio bisogno di istituzioni forti, stabili e capaci di decidere ed imporsi ad altri centri di potere, può sollecitare tutto ciò. Ma la questione è se il sindacato deve contribuire a queste realizzazioni continuando ad agire sul terreno sociale o debba assumere più direttamente la responsabilità di far sentire la propria voce nelle istituzioni e, pertanto, nei partiti. Almeno nella Cisl, questo dibattito è latente. Ed esso può fare passi in avanti se si risolve una questione che si può riassumere così: le fortune del sindacato (sia sul piano delle conquiste, che della rappresentatività) si sono concretizzate attorno al contrattualismo come pratica acquisitiva, diffuso protagonismo, specificità di ruolo; ora e per il futuro basta il contrattualismo od occorre qualcosa di più e di diverso? A me sembra che quanti spostano l'accento sulla necessità che il sindacato assuma come centrale la questione istituzionale, non solo partono dalla crisi di quest'ultima, ma cercano di dare anche uno sbocco all'insufficienza del contrattualismo tradizionale di soddisfare le aspettative dei lavoratori. In fondo la presenza sindacale nelle istituzioni è vista come una proiezione ed un complemento del suo potere contrattuale, così com'è. Non dico che questa ipotesi è fasulla; anzi, appartiene alla cultura di molti sindacati nel mondo. Dico che porta all'affermazione del sindacato come «soggetto politico autonomo». La stessa crisi istituzionale può essere avviata verso sbocchi positivi se il sindacato non si divide a discutere se è meglio o peggio il presi-

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