Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 10/11 - nov./dic. 1990

,P_tJ, BIAI\CO '-Xli.ROSSO iii•iii•h A proposito della innocuità dello <<spinello> di Giuliano Quintarelli S i parla molto in questi tempi di droga e dei suoi effetti deleteri sull'organismo, ma si cerca anche di differenziarne le caratteristiche, dipendentemente dal tipo di stupefacenti usati, e si sostiene che i più accettabili, da un punto di vista della loro tolleranza e nocività, sono i derivati della canapa indiana. È forse il caso di chiarire alcuni aspetti circa le caratteristiche dei cannabinoidi e dei loro reali effetti sull'organismo che, mi sembra, non sono stati discussi ed esaminati dalla stampa come l'argomento merita. Il derivato più comune della cannabina è la marijuana, quest'ultima coltivata soprattutto in America. La sua massima utilizzazione è negli Stati Uniti, e si ritiene che oltre 23 milioni di americani la fumino abitualmente. Inoltre le statistiche di quel Paese, sostengono che circa il 60% di tutta la popolazione statunitense ha provato almeno una volta a fumare lo «spinello». In Italia il derivato della cannabina comunemente usato non è, come si può credere, la marijuana, bensì l'hashish, cioè il più potente fra i cannabinoidi ed otto volte più forte della marijuana. L'hashish determina un grado di intossicazione molto elevato anche a causa della contaminazione chimica dovuta all'uso sulla pianta della canapa, di notevoli quantità di pesticidi, di antiparassitari e di erbicidi fortemente tossici come il Paraquat e di sterco bovino essiccato, usato molto spesso come compattante dell'hashish. La presenza di quest'ultimo nella «pasta» di hashish ha provocato in diversi casi, gravi infezioni di salmonella. Una sigaretta di hashish, o di marijuana, dal peso di un grammo contiene il 2% del farmaco, il tetraidrocannabinolo (Tbc), dal quale si liberano circa 2.000 metaboliti, tutti separabili e già chimicamente identificati. Contrariamente a quanto comunemente si crede, dopo aver fumato una sola sigaretta, la cannabina interagisce con i lipidi, specie quelle delle membrane cellulari; resta fortemente legata a queste molecole, e la sua eliminazione dall'organismo avviene in tempi molto lunghi: non meno di 3-4 settimane. Dopo le prime boccate di fumo l'effetto farmacologico è immediato e dura in media 2-3 ore. Allo stato di benessere, di euforia, di migliore lucidità e chiarezza mentale, ed alla perdita di certi stati inibitori, seguono una serie di reazioni tra cui la perdita di coordinazione temporale, per cui il fumatore farmacodipendente confonde il passato con il futuro ed il presente. Questo stato psichico viene definito di «disintegrazione motoria>>. Inoltre, la perdita temporanea di coordinazione motoria, rende pericolosa la guida di qualsiasi veicolo motorizzato. È sufficiente aver fumato una, al massimo due sigarette, perché si verifichi una distorsione delle immagini, un'alterazione del senso della distanza e di configurazione spaziale. A questo proposito, l'incidente aereo occorso lo scorso dicembre all'aereoporto Kennedy di New York dell'apparecchio appartenente alla compagnia Us Air sembra essere dovuto al fatto che il co-pilota dell'aereomobile, era un fumatore farmaco-dipendente. Il fumatore di estratti della cannabina perde la percezione del tempo: i minuti sembrano ore, avverte una sensazione di peso agli arti, un aumento del battito cardiaco, una visione offuscata, ansietà e timore di morte. L'esame elettroencefalografico dimostra delle variazioni notevoli che rimangono tali anche dopo diversi mesi dalla interruzione del farmaco. Da un punto di vista biochimico si è visto che il Tbc persiste nel plasma del fumatore per molti giorni, e lo si ritrova fortemente aderente alle cellule nervose particolarmente a quelle della sostanza grigia. È stato sperimentalmente os-

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