Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 10/11 - nov./dic. 1990

iiiiiil•b di anticipare il Natale ed aspettare che sia d'accordo nel farlo. A questo compito dovrà rispondere il Pci nel suo congresso, scegliendo una linea politica ed una struttura valoriale compatibile con il socialismo democratico e liberale. Ma anche il Psi deve cominciare ad attrezzare la piattaforma politica e programmatica che consenta al riformismo di non essere solo un'ideologia da declamare ed un argomento polemico da contrapporre al comunismo. L'indimenticabile '89 ha rivoltato come un guanto le classi dirigenti di quei paesi, rendendo impossibile anche ai più riformisti tra quei comunisti la gestione della fuoriuscita dal comunismo. È il caso di auspicare che la sinistra italiana, unita e rinnovata su basi saldamente riformiste e democratiche, sappia evitare che, dopo aver governato quarant'anni in nome dell'anticomunismo, la Dc ne governi altri quaranta in nome del «non più comunismo». «Oltre la 180>>c:ambiare, B • ma senza rinnegare di Annalisa Quaglia A più di dieci anni di distanza dall'approvazione della riforma psichiatrica si torna a parlare di disagio mentale. La condizione disastrosa in cui versano i servizi di assistenza psichiatrica in Italia giustifica, anzi rende inevitabile un intervento legislativo di riforma, o per meglio dire di attuazione di una riforma già esistente, ma operante soltanto a metà. Non ha bisogno, invece, di una contrapposizione ideologica costruita e alimentata da presupposti errati. Da tutti è ampiamente riconosciuto il valore della riforma psichiatrica attuata nel 1978 con la legge 180 successivamente inglobata nella legge 833/1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale. Tale legge introduceva principi innovativi e di rottura nei confronti di un approccio medico-organicistico della malattia mentale proprio di una cultura positivista. Veniva così ad abrogare le disposizioni sui manicomi e sugli alienati previste dalla legge 36 del 1904. Scompaiono il ricovero coatto, sostituito dal Tso, e il riferimento alla presunta pericolosità sociale del malato mentale, il quale ora viene parificato all'infermo fisico. La legge 180può essere considerata espressione della contestazione condotta da parte di alcuni psichiatri nei confronti dell'aspetto custodiate - - -- - - - - -- 11 proprio dell'ospedale psichiatrico. Tale critica si inserisce all'interno di un più ampio dibattito politico e sociologico sugli effetti deleteri, totalizzanti e stigmatizzanti prodotti dalle «istituzioni totali». Tuttavia non può essere interpretata come manifesto di una scuola di pensiero fondata unicamente su speculazioni di carattere politico-ideologico. Bisogna ricordare che un gruppo di psichiatri avevano promosso in alcuni ospedali psichiatrici esperienze-pilota (Gorizia, Trieste, Arezzo e Perugia) di notevole rilievo, maturate e programmate con intenso lavoro di équipe. Allora non è sbagliato chiedersi perché esperienze innovative e valide come queste non abbiano trovato attuazione su tutto il territorio nazionale, e perché siano presenti situazioni di mancata presa in carico, di abbandono, di abuso. Lo studio progetto del Ministero della Sanità per la tutela della salute mentale ha evidenziato una disomogenea dislocazione sul territorio dei presidi di salute mentale, ha stimato 132Usl, di cui 100 al Sud, in cui non sono stati mai realizzati centri di igiene mentale. Non solo, le strutture intermedie residenziali e semiresidenziali sono pochissime, quasi del tutto assenti al Sud (19%).

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