iiikiil•h zione del potere in gruppi economici e politici insensibili alla povertà di massa - le sollecitazioni al cambiamento derivanti dalla attuale crisi energetica spingono i Pvs verso situazioni sempre più insostenibili. Questa crisi - che sotto molti aspetti poteva essere per i Pvs un'occasione per allentare i vincoli di dipendenza dall'Occidente - dimostra invece il contrario nel contesto del vigente ordine internazionale, di fronte a situazioni di crisi economiche mondiali, la povertà e la marginalizzazione dei Pvs non possono che aumentare. Trova quindi conferma l'ipotesi che - in antitesi con tante teorie vetero-marxiste sull'imperialismo - conferma che, fino a quando il sistema finanziario internazionale ·regge, ogni crisi economica rafforza, e non indebolisce, la dipendenza dei Paesi poveri dal capitalismo occidentale. La conclusione politica pertanto è che la dipendenza dei Pvs va ridotta innanzitutto con misure «interne» ai Pvs stessi, e non con mitici tentativi di correzione del sistema degli scambi internazionali. Lo sgretolamento dell'Opec, paradossalmente, potrebbe essere - con il mettere fine all'illusione di riequilibrare il mercato delle materie prime nel contesto del sistema attuale - un primo passo nella giusta direzione: ancora una volta, «si ricomincia da Babilonia». Dopo la <<Mammì» di Massimo Bordini L a ricerca di senso come corso ordinato dalle cose, delle innovazioni tecniche di tante certezze si va, ovunque, dissolvendo. E allora, come fa chi coltiva ancora l'utopia di un sindacato confederale a dare significato forte a quanto sta avvenendo con le norme e con l'organizzazione del sistema radiotelevisivo in Italia? Se il faro forte, l'idea guida come si diceva una volta - del pluralismo limpido ed estremo nell'informazione avesse ancora un senso robusto, dovremmo esser qui a strapparci i capelli: tre emittenti televisivepubbliche in mano a tre aree di partiti e un oligopolio privato ci daranno tutta l'informazione che costruisce il mondo come immagine. E così i timori che ci insegnarono Theodor Adorno e Max Horkeheimer sull'omologazione della società guidata da visioni stereotipate dovrebbero travolgerci. Ma poi scopriamo che negli Stati Uniti, malgrado gli oligopoli e i monopoli settoriali, la moltiplicazione vertiginosa dell'informazione ha richiesto (non solo permesso) che si presentassero alla ribalta culture e subculture di ogm genere e minoranze di ogni specie. Siamo al punto che l'occidente vive una situazione esplosiva, una pluralizzazione che appare irresistibile e che nessun monopolio del1'informazione è in grado di piegare. Forse le immagini di Saddam Hussein dopo l'invasione del Kuwait in diretta hanno mostrato meglio d'ogni altra comunicazione la possibilità di infrangere qualsiasi ipotesi di informazioni guidate con fondamenti «rassicurativi». E allora come non avvertire una sproporzione abissale tra il portato concreto della recente legge che disciplina il sistema radiotelevisivo pubblico e privato e le dispute, gli scontri laceranti che l'hanno accompagnata? In realtà la moltiplicazione di orizzonti e di argomenti sollevati contro, ma anche a sostegno della legge appare una sorta di supermarket di immagini, costumi e maschere che molti possono vestire a piacimento. Molti, ma, mi sembra, non il sindacato confederale. E non solo perché le divisioni tra sindacalisti che si ispirano ai diversi partiti, annulla il
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