B _.l>_J.I.BIANCO \Xli.ROSSO iii•iiliil Si ricomincia da Babilonia di Giulio Querini L a povertà, su scala mondiale, verrà dilatata dalla attuale crisi petrolifera. Tuttavia questo fenomeno è molto più complesso di quanto intuitivamente possa sembrare. Una analisi di tale complessità può portare a conclusioni interessanti. La povertà, nei Paesi in via di sviluppo (Pvs), è difficile non solo da misurare, ma anche da definire: in sostanza, possiamo considerarla la condizione di impossibilità degli individui e delle famiglie a partecipare, con dignità, alla vita della propria collettività. L'attuale aumento del prezzo del petrolio determinerà un aumento della povertà (intesa in questo senso) dell'insieme dei Pvs sia in assoluto che rispetto ai Paesi industrializzati, aggravando molti altri squilibri internazionali. Dal punto di vista dei Pvs, l'attuale crisi petrolifera presenta una duplice caratteristica, che la differenzia da quelle del 1973 e del 1979: da una parte l'aumento del prezzo del petrolio è per ora molto più contenuto, dall'altra la quota dei Pvs sul consumo mondiale di petrolio è notevolmente aumentata (dal 18% del 1973 al 28% nel 1989). Gli effetti economici reali saranno negativi per la maggior parte dei Pvs: la Banca Mondiale infatti ritiene che solo undici Pvs potranno beneficiare, in quanto esportatori netti di prodotti petroliferi, dell'aumento dei redditi conseguenti alle maggiori esportazioni. Per tutti gli altri Pvs l'aumento del prezzo del petrolio nella sfera economica assumerà connotati negativi per i seguenti motivi: a) deterioramento della bilancia commerciale e conseguenti restrizioni all'importazioni di beni sia di consumo che di investimento; b) aumento delle spinte inflazionistiche e dell'instabilità dei cambi; c) aumento dei tassi di interesse, aggravamento del servizio del debito estero e maggiori difficoltà di finanziare investimenti per lo sviluppo. Effetti prevalentemente negativi si avranno anche in altri settori, e cioè in ambito sociale, ecologico e della stabilità politica generale. Gli squilibri sociali, all'interno dei Pvs più poveri, saranno accentuati dagli effetti dell'inflazione, che colpirà in modo particolarmente grave le famiglie e gli individui a più basso reddito, mentre si verranno a dilatare le sacche di profitti speculativi a favore della borghesia commerciale. In molti Pvs, inoltre, il mercato del lavoro sarà sconvolto dal ritorno di ingenti masse di emigrati che hanno perso la loro occupazione nei Paesi del Golfo. Il fragile equilibrio ecologico di molte regioni del mondo sarà messo a dura prova dalle conseguenze del rincaro dei prodotti petroliferi. Non bisogna dimenticare infatti che oltre un miliardo di uomini dipende dal legno come fonte primaria di energia: la deforestazione e l'uso dei combustibili impropri (ad esempio di letame, od altre forme di biomassa utilizzabili come concime) verrà fortemente incentivato, specie in Africa e in America Latina. In altre regioni - in particolare nell'Europa dell'Est - l'inquinamento verrà accentuato dal ricorso all'utilizzo sia di carbone ad alto tenore di zolfo, sia di centrali nucleari obsolete. Sul piano politico infine - all'interno dei Pvs, ma anche a livello internazionale - la crescita degli squilibri economici, sociali ed ecologici rafforzerà le tendenze destabilizzatrici. A tale proposito va chiarito che non ci sono affatto motivi per rimpiangere la precedente «stabilità», che ora viene resa ulteriormente precaria: in particolare non saranno certo i poveri dei Pvs a rimpiangere il tendenziale declino della «ragione di scambio» per le materie prime, l'emigrazione di massa come fonte di sussistenza, la elevata dipendenza energetica dal petrolio importato, il prevalere di regimi autoritari o feudali sostenuti dall'estero. Quello che è interessante notare è che in presenza di forti elementi di iniquità - polarizza-
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