Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 9 - ottobre 1990

~-lJ,BIANCO l.X11. nosso iiikiil•P La novità del terzo Oil-Choc di Franco Reviglio N ell'ipotesi che con la soluzione della crisi irachena e il ritorno ad un mercato nuovamente normale il prezzo del petrolio si assesti nella forchetta di 23-27 dollari, l'impatto sul1'economia italiana per le sue modalità quantitative e qualitative sarebbe abbastanza diverso da quello avvenuto in seguito al precedente shock del 1979-1981.Il maggior costo per il consumatore italiano, pari a circa 7.000-9.000 miliardi raggiungerebbe soltanto un terzo di quello sopportato a seguito del precedente rincaro. La fattura energetica pari a circa 21.000 miliardi salirebbe a circa 26-28.000 miliardi, un po' meno dell'aumento del prezzo del petrolio, grazie all'effetto parzialmente compensativo delle prevedibili maggiori importazioni di merci italiane da parte dei paesi Opec. In termini di punti di Pil, la fattura energetica salirebbe da 1,6 a 2,2 punti, ben lontani dagli oltre 5 punti del Pil raggiunti dopo il secondo oil ·shock. Anche dopo il recente aumento, il prezzo reale del petrolio, al netto cioè del deprezzamento della moneta, rimane ancora al di sotto di quello esistente nel 1979. Si deve tenere presente che nel 1979-85 oltre la metà dell'aumento della fattura petrolifera ed energetica fu determinata dall'apprezzamento del dollaro, mentre, invece, oggi l'andamento del cambio gioca in direzione opposta, riducendo per il consumatore il costo dell'aumento del barile espresso in dollari. Di conseguenza, dovrebbe essere minore rispetto al passato l'impatto riduttivo del Pil (0,5 punti l'anno prossimo, circa un punto nel 1992) portando il livello dell'inflazione oltre il 7 per cento. Inferiore al passato dovrebbe pure essere il peggioramento dello sbilancio esterno di parte corrente, che salirebbe dal livello attuale (1,4 punti del Pil) a quasi 2 punti. Lo shock petrolifero colpisce il nostro paese in un momento in cui esso si trova in condizioni decisamente migliori di quelle esistenti prima del precedente rincaro del petrolio, Il nostro paese è più attrezzato a ricevere gli effetti negativi di uno shock interno di quanto lo era negli anni '70. Se si esclude la situazione della finanza pubblica che è rimasta oltremodo difficile per il progressivo aumento del debito pubblico (ma la spesa pubblica non pare essere fuori controllo almeno nella misura in cui lo era nei primi anni '80) risultano migliori le condizioni dell'economia. Grazie al risparmio energetico degli anni '70 e della prima parte degli anni '80 il contenuto di petrolio per ogni unità di prodotto nazionale si è ridotto anche se, esauritasi nella prima parte degli anni '80 la ristrutturazione energetica dell'industria, sono successivamente aumentati i consumi di petrolio in tutti gli altri settori e la dipendenza energetica è risalita all'82 per cento. Per queste tendenze, il nostro paese risulta più fragile agli effetti di shocks petroliferi esterni relativamente alla media degli altri paesi industriali. Nel complesso, tuttavia, l'impatto sulla crescita del rincaro unitario del petrolio è divenuto strutturalmente inferiore a quello del passato. Il sistema produttivo si è ampiamente ristrutturato e i conti delle imprese sono molto migliorati. L'economia si trova in una congiuntura ancora di espansione, anche se in decelerazione. Prima della crisi irachena, il tasso di crescita dell'anno in corso era previsto intorno al 3 per cento, rispetto al 3,2 per cento dell'anno scorso e per il 1991 si prevedeva un'ulteriore riduzione al 2,5 per cento. A causa del rincaro del petrolio, il tasso di crescita dovrebbe ridursi ulteriormente, intorno al 2 per cento l'anno prossimo. Si tratta di un tasso di crescita ancora ampiamente positivo, ma inferi ore a quello che si ritiene necessario per ridurre il nostro elevato tasso di disoccupazione. L'inflazione è inferiore al 6 per cento, mentre, invece, nel 1979 essa era del 15 per cento.

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