Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 9 - ottobre 1990

spiccato istinto politico nel cogliere le opportunità offerte dalla storia. Non bisogna però dimenticare che egli è piuttosto incline a giocare la sua partita con una spregiudicatezza politica ai limiti della irresponsabilità. Lo ha fatto con Michail Gorbaciov quando - non molto tempo fa - lo ha paragona- .i)_JJ, BIANCO il.li, BOSSO 1NHI1Bd1l 1 i@tu~•Uii to al ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels (e gli è andata bene); lo ha fatto ancora - e per più di una volta - con i profughi degli ex territori tedeschi, incoraggiandoli con la sua presenza e con le sue parole a non venir meno all'amore che si deve alla propria "Heimat" e, implicitamente, a non disperare dal poter ritornare nella amata "Patria" (e gli è andata male). Infatti 14 dei suoi deputati hanno votato al Bundestag contro il "patto dell'unione", anche perché in questo patto viene sancita irrevocabilmente l'intangibilità della "linea Oder-Neisse". Chi semina vento può raccogliere tempesta. Urss: fine dell'ateismo di stato M entre andiamo in macchina i giornali riportano, con maggiore o minor rilievo, la notizia della approvazione della nuova legge sovietica sulla religione, promessa da anni, e finalmente giunta alla luce del sole. Mi sarà consentito di ricordare, per i lettori di questa rivista, che tredici anni fa, nel giugno 1977, invitato a Mosca dal Patriarcato Ortodosso per un Convegno di uomini di chiesa di tutto il mondo, organizzato con il beneplacito e la promozione del regime di Breznev, che ne voleva ricavare benefici di immagine e di propaganda, ho avuto modo di fare una singolare esperienza. Era un convegno in cui era scontato che ci si doveva limitare, nei programmi, a parlare di pace e di sviluppo dei popoli, dando per assodato che ci si trovava nel "paradiso" di ogni libertà. Appena giunti a Mosca, dove i lavori durarono circa una settimana, ci fu distribuito un singolare opuscolo del ministero del culto di allora, Kurojedov, dal titolo «La libertà religiosa nell'Urss», in cui si dicevano meraviglie della situazione sovietica. Per una coincidenza particolare proprio in quei giorni fu promulgata la "nuova" costituzione sovietica, in cui agli articoli 51 e 52 si concedeva "libertà di culto" ai credenti, ma libertà di professare pubblicamente e di propagandare le loro i-' - idee solo agli atei. La lettura della nuova costituzione, sulla Pravda in lingua francese, e anche quella del ridicolo opuscolo del ministro Kurojedov mi indusse a prendere la parola, nella sala gremita da migliaia di persone, compresi il patriarca Pimeu e lo stesso Kurojedov, ed a protestare contro la mancanza di libertà religiosa e contro l'imposizione dell'ateismo di stato. Nella sala calò il gelo più totale, e il moderatore ufficiale, che dopo ogni intervento indugiava in commenti e ringraziamenti, dette subito la parola all'oratore successivo. Per il resto del Convegno fui marcato a vista, e nessuno dei sovietici mi rivolse più la parola. Solo un prelato, durante una sosta per il caffè, mi si accostò furtivo in un angolo e mi sussurrò un "merci", aggiungendo di parlare "a nome del Patriarca", poi fuggì via. Ne parlammo, alla sera di qùello stesso giorno, con i corrispondenti dei giornali italiani, in casa del giornalista Livio Zanotti, corrispondente de "La Stampa" di Torino. Inutile dire che da quel giorno in poi non fui più invitato a nessun Congresso nei paesi dell'Est, a differenza di altri, invitati anche allora, ma silenziosi per convenienza o per convinzione. La libertà religiosa ha dovuto attendere ancora tredici anni. Ne erano già I 37 passati 60 dalla "rivoluzione". Dopo 73 anni di ateismo di stato, dunque, e di persecuzioni senza tregua, con oscillazioni tra il male e il peggio, è davvero la fine di un'epoca. È anche questo un merito di Gorbaciov, ma la cosa non può essere sottolineata da chi non ha mai condannato i demeriti e le vergogne dei suoi predecessori. Anche da noi, in Italia, va detto forte che a protestare per questo aspetto in passato sono stati pochi, e che per decenni qualcuno ha parlato dell'Urss come modello anche da questo punto di vista. Il sistema sovietico ha fatto milioni di vittime, e molte di queste sono stati i credenti, colpiti da vere e proprie persecuzioni: morti, imprigionamenti, privazione di diritti e di sussistenza, umiliazioni di ogni genere, migliaia di chiese e monasteri rasi al suolo. Il popolo ha resistito, e oggi c'è uno spettacoloso fiorire di novità religiose: la processione di centomila persone in preghiera che a fine settembre ha attraversato la Piazza Rossa è un simbolo potente, anche se occorre tener conto dei problemi che le nazionalità, aggiunte alle diverse religioni, rappresentano per il già traballante futuro dell'Urss. Occorrerà riparlarne ancora. (G.G.)

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