dell'uninominale secca, la mia è piuttosto un'attenzione «in progress» (va detto che non sono una specialista o una studiosa di sistemi elettorali) per capire la sua realizzabilità e applicabilità al contesto italiano. Realisticamente, oggi, tenendo conto di esigenze di riforma che vadano nella direzione dell'alternanza, della necessità che la democrazia politica, pur superando la stagnazione della proporzionale, sfugga all'o- .i).li, BIAl\CO lXII.R~ ■ it•#Oiii ligarchia dei rappresentanti e sia comunque dinamica e inclusiva di nuovi protagonismi politici e, infine, del quadro politico così come concretamente si presenta, il sistema tedesco mi sembra abbastanza convincente. Tengo però aprecisare, dato che è un punto caldo del dibattito politico attuale, che non condivido l'innalzamento della quota di sbarramento: non risolverebbe affatto il problema della frammentazione localistica delle scelte dei cittadini nemmeno in termini pratici, dato che il lungo immobilismo ha già portato il consenso alle leghe oltre i livelli di guardia di qualsiasi ragionevole quorum, mentre tenterebbe di risolvere con un'operazione chirurgica il delicato problema delle piccole forze laiche in crisi di radicamento e di autonoma significatività che non può essere risolto, invece, che attraverso un percorso politico. Per la vera riforma una seconda rivoluzione democratica A me sembra che sia più urgente, in questa fase, mettersi d'accordo sul contesto di queste riforme, che è ancora incerto. Per quello che ci riguarda, siamo convinti che sia in atto una profonda, generalizzata e parzialmente irreversibile crisi dello stato. È una crisi di efficienza, di efficacia e di rappresentatività che investe anche i partiti e mette di fatto in discussione l'unità politica del paese. Ma per il cittadino comune essa è soprattutto una crisi di tutelabilità dei diritti, vale a dire una progressiva incapacità dello stato di garantire, nella quotidianità e per la maggioranza della gente, quei diritti che esso stesso proclama nelle sue leggi. Accade cosi che il cittadino medio, dichiarato sovrano dalla costituzione, di fatto viene trattato come un suddito, quando invece proprio di lui ci sarebbe bisogno per rendere effettivamente tutelati i diritti, come dimostra, a solo titolo di esempio, la nostra espedi Giovanni Moro rienza del Tribunale per i diritti del malato. È quindi il cittadino la chiave delle riforme istituzionali. È un cittadino più ricco, più informato e più autonomo che nel passato. E proprio per questo la sua soggettività non è più rappresentabile senza residui dai partiti e il suo ruolo non è riducibile a quello di elettore o anche a quello di arbitro, benché oggi non sia tutelato nemmeno il diritto al voto. Non credo che sia sufficiente discutere di bipolarità o tripolarità del sistema politico, di maggiore o minore peso di partiti e istituzioni, di accentramento dei poteri nella figura del capo dello stato o in quella del premier, di un diverso equilibrio tra governo e parlamento, di una soglia di sbarramento per combattere la polverizzazione della rappresentanza parlamentare. Sono tutte questioni importanti, ma viziate dall'autoreferenzialità, cioè tese a modificare equilibri e poteri all'interno di un sistema che vive solo per se stesso e per questo sta rischiando di morire. Penso, insomma, che sia urgente costruire un consenso preventivo - questo davvero il più largo possibile - sulla posta in gioco. Per noi la posta in gioco è più o meno questa: si è esaurita la forza trainante e civilizzatrice della prima rivoluzione democratica, quella legata al suffragio universale, che ha legittimato i partiti e prodotto, grazie allo stato sociale, un enorme incremento della soggettività della gente al livello di massa. Il suo successo ha in qualche modo determinato la sua attuale obsolescenza. Se vogliamo evitare il peggio, è necessario dare vita a una seconda rivoluzione democratica, legata a una ridefinizione della nozione di sovranità popolare e al riconoscimento di una piena e autonoma dignità costituzionale al cittadino, quale necessario protagonista della tutela dei propri diritti.
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