cause che hanno reso negli ultimi dieci anni sempre più incombente il rischio di un degrado trasformistico della nostra esperienza politica operando sia sui partiti politici in quanto tali, che, sebbene in misura minore del passato, restano i protagonisti costituzionalmente previsti della direzione della politica nazionale; sia sugli strumenti elettorali ed istituzionali che consentano la ricostituzione del circuito di coerenza tra elettori ed eletti. Il sostanziale ribaltamento a favore i)JI. Rl.\'lll '-Xli. HOS.. ",O •H•&i•II del voto palese nelle assemblee elettive ha costituito, in questa direzione, una innovazione di grande rilievo. L'adozione di regolamenti parlamentari e consiliari in genere, che consentano alla maggioranza di attuare il proprio programma ed alla opposizione di rendere visibile il proprio programma alternativo rappresenta, a sua volta, un ulteriore passo avanti verso una nuova stagione di trasparenza nei rapporti politici. Occorre ora affrontare il nodo della riforma elettorale perché esso è il nodo della nostra democrazia non più bloccata. Sono del tutto legittime le prospettazioni della nostra realtà nazionale che spingono verso la enuclazionedi due poli politici di riferimento; non meno legittime sono le prospettazioni che affermano essere i poli tre o anche quattro. Il problema è ormai chiaro nei suoi elementi essenziali. La risposta non può tardare oltre il tempo di una ulteriore definitiva riflessione. Il nodo: la riforma della pubblicaamministrazione S ono convinto, naturalmente, che il problema delle riforme istituzionali sia di grande importanza, ma non credo che sia il nostro problema centrale. Nel lungo, non sempre chiaro e spesso ambiguo dibattito su questo tema, è singolare che tutti, o quasi tutti, abbiano dimenticato la lezione che viene da un filone assai importante degli studi sullo Stato moderno, ma che è possibile attingere anche solo osservando la realtà della vita italiana: il centro della vita statale non sta tanto nell'organizzazione delle istituzioni politiche, quanto nella pubblica amministrazione. È questo il campo nel quale si dovrebbe esercitare in primo luogo la volontà riformatrice. Se il Regno Unito, la Francia, la Germania hanno sistemi politici e di governo altamente efficienti, ciò deriva principalmente dalle solide basi e dalla notevole efficienza di quelle pubbliche amministrazioni, capaci non solo di eseguire ma di progettare, di rendere continuativa e capillare la propria azione, di trasmettere al sistema politico la percezione dei risultati effettivi di Giovanni Ferrara della legislazione e delle direttive di governo. Senza star a fare la storia dei perché e dei come, è un dato di fatto che in Italia questo problema non è stato affrontato seriamente. C'è da chiedersi - tra parentesi - come un mondo politico che non è stato capace di comprendere l'enorme e decisiva importanza d'una amministrazione all'altezza dei problemi dello Stato democratico, possa mai esser capace di darsi istituzioni più efficienti delle attuali. È anche una questione di cultura politica; lo Stato sociale moderno lo fanno più i tecnici dell'amministrazione e dell'organigramma che, non i costituzionalisti e giuspubblicisti. La verità è, però, che non si ha il coraggio di affrontare questo problema, che richiede tempi lunghi e notevoli sconvolgimenti di un settore dell'organizzazione pubblica, numeroso e potente, la cui funzione autonoma è stata dissolta nel compromesso pacificatore, politico e sindacale. Non è però nella sindacalizzazione il male specifico della pubblica amministrazione italiana, bensì nel moderno rapporto tra politica e sindacalizzazione, tale da neutralizzare autorità, autonomia ed a scanso dell'iniziativa responsabile e competente. So bene che oggi il tema in discussione è un altro, che si deve prender posizione sul sistema elettorale, sul Parlamento, sui poteri esecutivi. Ma credo che concentrare tutta l'attenzione su questo aspetto del problema italiano sia fuorviante quando non pretestuoso. Sono pessimisticamente convinto, infatti, che se le riforme politiche e istituzionali sono state, in questi ultimi anni di evidente crisi dello Stato, messe persino nevroticamente · al centro della lotta politica, ciò deriva dal fatto che appaiono più "facili" delle riforme del sistema amministrativo, e in ogni caso quelle le cui conseguenze sui rapporti di forza e di potere sono più immediate. Potere, però, che non è mai vero potere di governo, cioè di realizzare, giacché questo nessuno è condizione di esercitarlo pienamente, non essendo l'Italia ancora pervenuta alle condizioni di uno Stato democratico moderno.
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