~_tJ. lll.\~{:O UJI.HOSSO ■ irf#§•IA Al centro resti il Parlamento L a costituzione repubblicana definisce un modello politico fondato sulla democrazia parlamentare. Questa norma ed il sistema elettorale proporzionale, hanno favorito la crescita di una società caratterizzata da un forte pluralismo sociale e politico. La stessa contrapposizione con il partito comunista, escluso dalle responsabilità di governo per la sua collocazione strategica, non ha prodotto la radicalizzazione della lotta, ma un conflitto che è rimasto nel quadro dell'ordinamento democratico. Questo modello «aperto», che ha dato risposte di governo attraverso la formula delle «coalizioni» degasperiane, ha permesso anche quella evoluzione politica che ha portato i socialisti dal frontismo alla alleanza di centro-sinistra; ma queste «fasi» (per dirla con Moro) si sono tutte caratterizzate, compresa l'attenzione per il partito comunista, dalla centralità deldi Guido Bodrato la Dc. Nasce il Parlamento repubblicano. La critica a questo sistema ha quindi potuto evidenziare l'altra faccia della medaglia; la situazione è apparsa bloccata dal ruolo della Dc, dalle sue capacità di mediazione. Non vi è stata realmente l'alternativa, anche perché fino agli anni della solidarietà nazionale, questa formula significava: alternativa di «sistema» e non alternativa di «governo». A questa questione, quando si è indebolita, elettoralmente e politicamente, la centralità della Dc, si è aggiunta la polemica sulla precarietà dei giovani, e quindi la esigenza della governabilità. Il dibattito è aperto da oltre dieci anni, ed ha registrato una giostra di posizioni, poiché molte proposte di riforme sono state avanzate e ritirate a seconda della convenienza di parte. È infatti impossibile che nella lotta politica esistano, nei partiti, posizioni del tutto disinteressate agli esiti di potere che producono. Al centro del dibattito c'è la riforma elettorale. Anche chi punta ad una riforma costituzionale che sposti il baricentro dal potere del parlamento al Presidente della Repubblica, sà bene che questa riforma deve essere sostenuta da un mutamento dello stesso sistema elettorale (normalmente in senso maggioritario). Resto convinto sostenitore della democrazia parlamentare, anche se riconosco che questo modello è minacciato dalla involuzione dei partiti; però la partitocrazia non è cancellata, ma piuttosto accentuata da modelli oligarchici che riducono l'area della partecipazione. La riforma elettorale a cui penso, in linea con la riflessione di Ruffilli, comporta una coalizione della proporzionale, ma da favorire, nel mo23 mento del voto (il «cittadino arbitro»), la formazione di una maggioranza che dia stabilità e forza al governo. A questa proposta i socialisti obbiettano che rischia «polarizzare» il voto sui due partiti maggiori (Dc e Pci), frenando la crisi comunista; e, sotto voce, aggiungono che il Psi se sceglieun'alleanza prima del voto (cioè se non si tiene «le mani libere») perde consensi al centro oppure a sinistra. Come si nota non c'è grande attenzione al fatto che la crisi della politica riguarda le istituzioni, e che se non si sciogliequesto nodo, alla ulteriore disfunzione si finirà col rispondere subendo la tentazione autoritaria e passando dalla democrazia rappresentativa a quella plebiscitaria. A mio parere, il dibattito è a questo punto.
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