Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 9 - ottobre 1990

ziale, il quale fosse contrapposto al candidato, che non potrebbe mancare, del maggior partito, da quarantacinque anni al potere: l'alternanza, se è questa che si vuole, consiste anzitutto, tanto per gradire, nel cambio della guardia. Resta da aggiungere che un regime autenticamente presidenziale non esclude, di per sè, una riforma elettorale, specie nel senso del collegio uninominale a unico turno o a doppio turno (forse il primo, più del secondo, ga- ~JJ. BIANCO l.Xll,HOSSO •b•#hlii rantisce la rigidità delle alleanze fra partiti diversi). Non è vero, però che istituzionalmente la imponga. La elezione del Presidente non è difficile da disciplinare, essendo essenziale soltanto che si preveda il ballottaggio fra i primi due candidati del primo turno. Quanto a quello del Parlamento, a parte le controindicazioni all'abbandono della proporzionale, non è affatto indispensabile che il Presidente della Repubblica abbia la sua maggioranza (c'è comunque sempre un effetto cosiddetto di "trascinamento" della elezione presidenziale sulla elezione parlamentare): se i poteri sono ben distinti, come deve essere, il sistema funziona comunque. L'esigenza, piuttosto, è liberare il parlamento dalla sudditanza dal governo, il quale, nel regime parlamentare, attraverso il voto di fiducia su ogni opinabile questione non di governo, è diventato lo strumento dell'indebita ingerenza di singoli partiti della coalizione nelle scelte che competerebbero ai parlamentari. Decisiva la spinta dei referendum Vorrei anzitutto premettere che senza la spinta dei referendum elettorali che ha scavalcato la logica dei veti incrociati quella che voi presentate come premessa ormai condivisa (la desiderabilità di una democrazia dell'alternanza) sarebbe ancora oggetto di discussioni astratte e la sua realizzabilità sarebbe certo molto più problematica. A mio avviso sono rispondenti all'obiettivo di realizzarla in modo compiuto solo quei sistemi elettorali e istituzionali che consentono ai cittadini-elettori non solo di eleggere dei rappresentanti, ma anche di decidere su coalizioni di governo, sui programmi e sugli uomini chiamati a guidare le prime e ad applicare i secondi. Dal punto di vista tecnico sono ipotizzabili vari sistemi che conseguano questo esito partendo da quello di notevole qualità che risulterebbe dal quesito referendario per il Senato, che prevede un 73% di seggi attraverso collegi uninominali (238) e un 27% (77 seggi) di recupero proporzionale. Un sistema molto simile a quello che Ralph Dahrendorf e la Hansard Society proposero per l'Inghilterra per attenuare gli eccessi maggioritari dell'uninominale puro. di Augusto Barbera Oltre tutto il muoversi nella direzione del referendum, con soluzioni tecniche assai vicino a quelle prospettate dai quesiti, è una condizione necessaria nel caso che le volontà politiche di una soluzione parlamentare si rivelino maggioritarie, evitando così il ricorso alla celebrazione del referendum. Non sono invece conformi alla direzione segnata dai quesiti referendari né in senso tecnico né come indicazione politica le varie proposte di sbarramento che ritoccherebbero la proporzionalità senza affermare quel diritto in più che i cittadini hanno nelle altre grandi democrazie occidentali, il diritto di decidere in pratica, sui governi. Nella stessa direzione, indipendentemente dall posizioni assunte sui referendum elettorali, si è mosso anche il recente documento comune di parlamentari socialisti e comunisti denominato «Democrazia delle alternative» in cui si è scritto che «siamo a favore di un sistema che rispetti le identità delle varie forze politiche, le stimoli verso l'aggregazione, accresca la responsabilizzazione del candidato verso gli elettori. Ciò implica l'esclusione di ritocchi marginali e la necessità di una profonda revisione • 22 che favorisca l'affermarsi della democrazia delle alternative» anche attraverso «la contestualità dell'elezione del Parlamento con quella dell'elezione diretta del vertice dell'esecutivo». Mi sembra inoltre opportuno sottolineare proprio alla vostra rivista (così attenta a prospettare forme di impegno politico incisivo dei cattolici oltre la stagione dell'unità elettorale in discussione oggi) che solo un sistema radicalmente diverso dall'attuale, che sposti il significato del voto da quello di una riconferma delle appartenenze a quello più maturo di scelta di persone e programmi, consente di raggiungere anche il vostro scopo, consente cioè ad una sinistra moderna di competere per i consensi di settori sociali e culturali non facenti parte del proprio tradizionale retroterra. Mi sembra quindi che anche per voi l'impegno per una democrazia delle alternative programmatiche dovrebbe caricarsi di questa duplice valenza: da un lato di impegno sistemico teso a dare a tutti i cittadini il diritto di decidere sui governi, dall'altro di precondizione istituzionale per favorire la crescita di una sinistra aperta al contributo del cattolicesimo progressista.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==