,{)!I. BIANCO '-Xli.ROSSO iilkiiiiil stante che in alcuni settori sindacali quel periodo sia stato superato rimuovendolo più che rivisitandolo criticamente, sul finire degli anni '80 è riemersa una vitalità nell'azione sindacale che ha permesso, sia pure fra difficoltà, di mantenere un livello sufficiente di tenuta sul piano contrattuale e sociale e di rendere non sterile il ritorno al lavoro di Cgil, Cisl e Uil. Ciò che è mancato e che manca tuttora ci riporta sul terreno delle strategie che possono innervare l'esistenza dell'azione sindacale negli anni '90. Sta qui il grande ritardo sindacale. A fatica alcuni elementi di novità emersi negli '80 si sono fatti strada ma con un ben strano destino, quale quello di essere entrati nel linguaggio comune di una parte considerevole del sindacato, senza esserne però, in termini di strategia, la spina dorsale dell'impegno sul terreno economico e contrattuale. Penso ad esempio al tema della concertazione, tipico della vocazione riformista nel sindacato, od a quello della politica dei redditi. Hanno perduto posizioni su posizioni in questo periodo le spinte massimaliste, i vecchi ideologismi, e, naturalmente, il crollo del comunismo ha accelerato anche la crisi di un modo di concepire l'azione sindacale. Ma nuovi problemi spuntano all'orizzonte, mentre ancora non c'è la soluzione definitiva di quelli vecchi. Ed i nuovi problemi che il sindacato ha avuto di fronte sono stati molti e fra essi, non a caso, il fenomeno dei cobas e dei nuovi corporativismi, della frammentazione sociale e politica con l'entrata in campo delle stesse Leghe. A questo punto diviene importante domandarsi se talune delle caratteristiche concorrenziali che esistono fra le tre confederazioni siano ancora utili e positive. Ho forti dubbi in proposito e non solo per il formidabile cambiamento di scenari che il sindacato si trova di fronte. La fase "competitiva" del sindacato negli anni '80 ha avuto anche una funzione importante: non solo per dare identità sicure, per responsabilizzare su di esse i gruppi dirigenti, in un momento di grande incertezza e nel quale il sindacato pativa una forte caduta di consensi, ma anche perché essa ha stimolato le confederazioni e i diversi settori di lavoro a conservare una attitudine progettuale mentre venivano a mancare gli input tradizionali: una petizione di forza sul piano contrattuale, un'ampia "corte" di forza intellettuali che guardavano al sindacato con simpatia, una sorta di delega della società italiana al potere sindacale : 17 su alcuni versanti che andavano gradualmente mutando o addirittura che mostravano crepe e disfunzioni crescenti, come nel caso dello Stato sociale. La stessa "risalita" dell'economia verso posizioni di nuova espansione negava al sindacato quel contributo che pure c'era stato, mettendo "in cornice" invece le imprese dei nostri imprenditori. In competizione, da posizione di svantaggio, con l'esterno ed al suo interno, il sindacato ha retto al duplice impatto e sul piano contrattuale prima, suggello sociale, della solidarietà e della equità, poi, è riuscito a -rianimare, pur con molti limiti, la sua iniziativa. A questo punto, però, gli orizzonti diventano più larghi, per tutti. C'è il problema di dare all'azione sindacale una dimensione europea, in primo luogo. Spazi per provincialismi sindacali non se ne vedono più, in quanto l'integrazione europea, la sua dimensione sul terreno imprenditoriale, finanziario, e, pur con tutti gli ostacoli presenti, politico (per lo meno in termini di cultura politica con la fine dei regimi comunisti) fa apparire sempre di più l'impegno sindacale tutto giocato sul rapporto con interessi "locali" del tutto impari alle sfide che deve affrontare. Cadono le frontiere per la penetrazione della logica di impresa nell'est europeo, mentre la cultura sindacale europea tarda a produrre risultati aggiornati ed in grado di favorire anche nei paesi dell'est europeo l'emergere di una esperienza sindacale in grado di confrontarsi con l'aggressività ed i problemi del mercato. In secondo luogo, nel nostro paese, c'è l'esigenza di incardinare su strategie efficaci il principio della solidarietà in un momento nel quale forti sono gli egoismi e forte è la tentazione ai particolarismi. La Uil ha proposto una via con ''il sindacato dei cittadini", che al tempo stesso rilanciasse una strategia di partecipazione nel mondo produttivo e nel settore pubblico soprattutto collegato al bisogno di efficienza e di rispetto dei diritti dell'utenza, e sostenesse l'esigenza di un ritorno del sindacato sul terreno sociale, come terreno suo proprio di azione a fianco delle altre esperienze presenti. Ciò che conta a questo punto non è tanto il dilungarsi su un problema specifico, magari reale come quello del tornare a votare, quasi che esistesse un atto taumaturgico nel quale il sindacato possa risolvere i suoi probkmi di consenso, di cultura, di protagonismo politico e sociale, quanto il convenire su un dato indi-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==