... - _p_tJ. BIANCO '-Xli.ROSSO iii•iii•h di ispirazione laicista e radicale, nel senso pieno del termine. Difficile, oggi, che questo Pci, non solo perché in crisi politica e ideologica, in presenza della fine del comunismo come tale, ma anche per ragioni di natura culturale e ideale, possa attirare ancora voti di cattolici che non votano Dc. Detto del Pci, restano gli altri partiti. Mi pare che in essi non ci sia da superare una vera tradizione atea ed anticristiana, ma occorre che la loro «laicità» tradizionale perda sempre più, se occorre, i suoi caratteri di monocultura ideologica e acquisti lucidamente quelli di un «metodo», che distingue il religioso dal politico, non avanzando soluzioni ideologiche in contrasto con la coscienza dei suoi elettori, sia credenti che no, e rispettando, nei campi misti, la diversità ideale sempre possibile e necessaria. Ciò vuol dire che nella pratica i partiti, tutti, debbono guardarsi sempre dal comportarsi come chiese, che cioè pretendano di avere delle dottrine filosofiche e morali discriminanti. Una chiesa ha come tale una sua visione del mondo e della vita, e non può essere pluralista nei principi, mentre può esserlo nella prassi, in cui i principi non sempre sono implicati. Un partito invece, per essere tale, e non chiesa, non deve avere un'unica visione del mondo e della vita, e deve badare all'unità pragmatica e operativa dei suoi membri, in armonia con le decisioni prese democraticamente dai suoi organi. La «laicità» è un metodo, non un contenuto ideologico, e può essere di credenti e non credenti, cattolici e non cattolici, mentre il suo opposto è l'integralismo clericale, che anch'esso può essere di credenti e no, cattolici e non cattolici. Un paese in cui vige l'ateismo imposto per legge non è un paese «laico», ma clericale anch'esso, pur di segno opposto, come lo è quello in cui una religione è obbligatoria per tutti i cittadini. Occorrerà lavorare sodo, nella cultura e nella pratica degli altri partiti, tutti, perché i cattolici che non si sentono di votare la «vecchia» Dc e il «nuovo» Pci possano sentirsi elettoralmente attratti a votare per essi. È evidente che sui temi di frontiera, tra coscienza cristiana e coscienza detta «laica», nel senso di ispirata non a radici religiose, sarà essenziale l'equilibrio che non impone principi dottrinali unici e che si limita a presentare comportamenti pratici unitari. Difendere, per esempio, la legge 194, ma senza far diventare l'aborto una cosa indifferente, o addirittura positiva, senza presentarlo come un «diritto civile», e comprendendo nella difesa la parte preventiva e dissuasiva, che nella legge c'era e c'è. Non tocca ai partiti come tali avere una «dottrina» su matrimonio e famiglia, su sessualità e scuola di religione, sul papa come tale e sulla libertà dei teologi nella chiesa. È allora evidente che dentro ogni partito ci possono e debbono essere, a parità di diritti e doveri, diverse ispirazioni ideali, e occorre che la prassi non contraddica i principi propri delle diverse coscie·nze. È chiaro, per fare un esempio relativo al Psi, che la posizione sofferta e problematica di Giuliano Amato sul tema dell'aborto, manifestata più volte, che non mette in questione la 194, ma critica la prassi della sua attuazione, con la ideologizzazione del «diritto» della donna, e con la totale «dimenticanza» della prevenzione, è una posizione che è particolarmente adatta a favorire un consenso di cattolici. Lo stesso può dirsi della posizione di Claudio Martelli nei confronti del problema immigrazione, con la presa a carico del primato delle persone dei più deboli e con il rifiuto di ogni egoismo razzista e leghista. È un discorso aperto sul futuro ... Due ultime osservazioni, che sarebbero implicite nel discorso già fatto, ma che vale la pena di ribadire. La prima è che i partiti cometali non dovrebbero cercare rapporti politici con organizzazioni cattoliche nel loro complesso, ma con i singoli cittadini cattolici. Le organizzazioni, come tali, non avrebbero mai la libertà di manifestare la loro adesione senza incorrere nelle censure ecclesiastiche, e la cosa sarebbe propaganda rovesciata. La seconda osservazione è che tutti i partiti non dovrebbero, sempre come tali, privilegiare i rapporti con la chiesa ufficiale, pur rispettandone competenze e ambiti, e non meravigliandosi, o addirittura protestando, se essa si pronuncia nel suo spazio dottrinale e morale. L'ufficialità ecclesiastica è ancora, soprattutto nella sua realtà italiana, per ragioni storiche e di potere umano, molto legata alla realtà della Dc, ed è illusorio pensare che se ne distacchi nei fatti prima che questa sia ridimensionata dalle scelte degli elettori, anche cattolici. Dopo, il realismo consiglierà. È solo un inizio di riflessione: Riformismo e Solidarietà ha intenzione di affrontare il problema intero dei rapporti tra cattolici e politica, in Italia, in un prossimo «seminario» di due giorni, che si terrà probabilmente a Venezia. Ci sarà modo di riparlarne. ■ Il
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