Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 7/8 - ago./set. 1990

• sotto il titolo di santa Maria del Rosario è a descriversi non solo per gli edifizii, ma altresì per l'opinione della singolar santità ... ». Carlo, fondatore di Palma e primo duca, avrebbe dovuto sposare Rosalia Traina, nipote del vescovo di Girgenti. Ma non se la sente, rinuncia al matrimonio e al ducato in favore del suo gemello Giulio. Dal matrimonio di Giulio con la nipote del vescovo nascono otto figli: ma non bastano a distogliere il duca dalla vocazione alla vita religiosa. Ad un certo punto, anche Giulio rinuncia al mondo, si ritira nell'eremo di Monte Calvario. La moglie, fondato il monastero mariano, vi si chiude col nome di Maria Seppellita insieme alle figlie Francesca (suor Maria Serafica), Isabella (suor Maria Crocifissa), Antonia (suor Maria Maddalena), Alipia (suor Maria Lanceata): pagina crediamo unica di profondo e violento misticismo, nella storia siciliana. Ecco il Ragionamento storico della vita e virtù dell'Illustrissima Madre Suor Maria Seppellita scritto dal sacerdote don Artemio Talstosa e pubblicato a Palermo nel 1722; ecco la Scelta di lettere spirituali della venerabile serva di Dio Suor Maria Crocifissa pubblicate a Venezia nel 1711: sono documenti che raggiungono allucinate vette di masochismo, di algolagnia. E danno allucinazione. Ma bisogna riconoscere che dentro tanta follia correva anche una vena autentica di pietà, di carità, di rispetto per gli altri, di amore ai poveri; e ne resta quella cantilena popolare intitolata Il testamento del duca di Palma che il Pitrè un secolo fa trascrisse e pubblicò. In essa il duca è celebrato come giusto, buono e devoto nella gestione del ducato; accorato, pietoso, generoso verso i sudditi nel momento di lasciarlo al figlio Ferdinando. In questa pagina di storia mistica, fa spicco suor Maria Crocifissa, quella delle Lettere spirituali, e che è poi, nel Gattopardo, la Beata Corbera. E qui, a spiegare la mutazione onomastica, bisogna dire che se indubitabilmente il luogo centrale del roamanzo è Palma - quasi capitale della fuadalità in dissoluzione - il palazzo non è quello di Palma, dove quasi mai la famiglia andava negli i.>.lL BIANCO ~JtROSSO 1hitili 1Jik 11 anni d'infanzia di Giuseppe Tornasi. Il palazzo è quello di Santa Margherita Belice (distrutto nel terremoto del 1968): e veniva ai Tornasi dai Filangeri, famiglia cui apparteneva la madre dello scrittore. E in questo palazzo, nello spostarlo a quel luogo della fantasia (Donnaf ugata) che è diventato Palma, avviene la fusione di due memorie: quella genealogica e quella personale; quella oggettiva, documentaria , con quella - per così dire - proustiana. E vi si consuma, attraverso una piccola metamorfosi onomastica, una specie di celebrazione stendhaliana. La metamorfosi è appunto quella della Beata Maria Crocifissa in Beata Corbera. Filtrate da un'appassionata, assidua e intelligente frequentazione stendhaliana, due figure femminili si fondono nella metamorfosi, due figure lontane nel tempo e lontanissime nel modo di essere e nelle vicende della loro vita: Eufrosina Corbera e suor Maria Crocifissa, al secolo Isabella Tornasi. La storia di Eufrosina Corbera la sfiorò Stendhal nelle Cronache italiane; e precisamente ne / Cenci, quando dice che il papa, inclinato a far grazia della vita a Beatrice, si era irrigidito e aveva ordinato fosse eseguita la sentenza nel sentire del matricidio di Paolo di Santacroce e ricordandosi «anche del fratricidio dei Massimo commesso qualche tempo prima». Ma in casa dei Massimo non era accaduto un fratricidio: era stata uccisa da due fratelli, figli di Lelio Massimo, la matrigna; che appunto era Eufrosina Corbera. Della famiglia de Siracusis, Eufrosina aveva sposato giovanissima il giovane Calcerano Corbera. Diventata amante del viceré di Sicilia Marcantonio Colonna, questi aveva fatto in modo di liberarla prima dalla vigilanza del suocero (carcere del Sant'Uffizio, veleno) e poi dalla diffidenza del marito (pugnalazione). Morto Marcantonio Colonna, rimasta Eufrosina sotto la protezione di donna Felice Colonna (la vedova di Marcantonio!), ecco accendersi di amore per lei Lelio Massimo. Maturo vedovo - era coetaneo ed amico del Colonna - la sposò e la condusse a Roma: dove, dice un cronista, i suoi figli, «cavalieri assai onorati», non sopportando • <,2 tanto disonore, uccisero la giovane matrigna. C'è da immaginare che Giuseppe Tornasi, conoscendo benissimo e minuziosamente sia l'opera di Stendhal sia la storia di Eufrosina, si sia accorto dell'errore che la cronaca de / Cenci conteneva e sia stato qualche volta tentato di scriverla, la tragica «cronique sicilienne» di Eufrosina Corbera. Gli è avvenuto invece, ad un certo punto, di operare una trasposizione che sta tra lo scherzo e il mistero: di dare a una figura della passione mistica il nome di una figura della passione erotica. Da Palermo a Bisacquino. Da Bisacquino, con una sosta alla masseria di Rampinzèri, a Donnafugata: come attraversando un deserto. Cinque ore per arrivare a Rampinzèri. «Adesso erano le undici e per quelle cinque ore non si erano viste che pigre groppe di colline avvampanti di giallo sotto il sole. Il trotto sui percorsi piani si era brevemente alternato alle lunghe lente arrancate delle salite, al passo prudente nelle discese; passo e trotto, del resto ugualmente stemperati dal continuo fluire delle sonagliere che ormai non si percepiva più se non come manifestazione sonora dell'ambiente arroventato. Si erano attraversati paesi dipinti in azzurro tenero, stralunati... Quegli alberi assetati che si sbracciavano nel cielo sbiancato annunciavano parecchie cose: che si era giunti a meno di due ore dal termine del viaggio; che si entrava nelle terre di casa Salina; che si poteva far colazione e forse anche lavarsi la faccia con l'acqua verminosa di un pozzo». Dovrebbe essere il viaggio verso Palma; ma forse è il viaggio verso Santa Margherita. Comunque, il viaggio diciamo storico, il viaggio del romanzo storico cui si sovrappone il viaggio della memoria, era durato per la famiglia Salina tre giorni; ed era stato terribile. «Le strade, le famose strade siciliane per causa delle quali il principe di Satriano aveva perduto la Luogotenenza erano delle vaghe tracce irte di buche e zeppe di polvere. La prima notte a Marineo in casa di un notaio amico era stata sopportabile; ma la seconda in una locandaccia di Prizzi era stata penosa da passare, distesi in tre su ciascun

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