Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 7/8 - ago./set. 1990

~JtBIANCO \XILROSSO • frHiii Miii I luoghi del <<Gattopardo» Leonardo Sciascia e Giuseppe Tornasi di Lampedusa: due scrittori e il Sud. «Il Bianco e il Rosso» offre ai suoi lettori questo scritto di Sciascia su «I luoghi del Gattopardo», in cui l'erudizione e la finezza dello scrittore si incontra con il potere evocativo del romanzo di Tornasi e con le reminiscenze stendhaliane. Un testo godibile in sé. A leggerlo anche con gli occhi della critica sociale si comprendono, forse, tante cose, sulla Sicilia almeno, che difficilmente i saggi scientifici raggiungono. Perciò valeva la pena. (g.g.) <<P rincipe dell'isola di Lampedusa, duca di Palma, barone di Montechiaro, signore e padrone della terra della Torretta, barone dei Falconieri... etc... signore delli feudi di Montecuccio, Bellolampo... et... delli tre territori di Donna Ventura... etc. etc.... ». Gli etc. come nel primo capitolo dei Promessi sposi: già nel documento, a ridondare e moltiplicare una indefinita grandezzza, o messi da noi per abbreviarla: abbreviatissima com'era quando Giuseppe Tornasi, nella Repubblica Italiana che ha abolito i titoli nobiliari e soppressa la Consulta Araldica, scrive Il gattopardo. Ma proprio nel momento in cui quei titoli, quei nomi, si dissolvevano con la Consulta Araldica, col Regno d'Italia, ecco che entravano in quella che possiamo chiamare la Consulta Letteraria, nella Repubblica della di Leonardo Sciascia Letteratura. E Lampedusa sarà presente soltanto nel frontespizio del libro, secondo le leggi della Repubblica Italiana facendo parte del cognome dell'autore: Giuseppe Tornasi di Lampedusa (né sarà stata anche prima, per Giuseppe Tornasi, più di un nome: isola tanto irreale quanto quella della Tempesta di Shakespeare); ma Palma di Montechiaro sarà - ricreata nella memoria genealogica e nella memoria personale - l'essenza del libro, il luogo in cui realtà e fantasia convergono e convengono alla rappresentazione dell'ultima, estrema, estenuata feudalità siciliana. Palma di Montechiaro si chiamerà, nel romanzo, Donnafugata: forse per suggestione di quella terra di Donna Ventura che era stata tra i possessi e i titoli della famiglia. E anche se esiste - sobborgo di Ragusa e forse oggi comune autonomo - un paese che ha nome Donnafugata, poiché l'onomastica ha nel Gattopardo un ruolo di segrete allusioni storiche o private, non è gratuito andare al di là di quel che letteralmente questo nome contiene - e cioè una donna in fuga - e scorgervi, magari inconscia, una simbolizzazione del possesso (la terra come donna) ormai perduto, della proprietà come in fuga e dissolta: dalla donna-ventura, e cioè avvenire e fortuna insieme, alla donna-fugata, e cioè passato, sfortuna, sconfitta. Nulla a che fare, la vera Donnafugata in provincia di Ragusa, con la storia dei Tornasi. Mentre Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, la Donnafugata del romanzo, è tutta, o quasi, nella storia della famiglia. In quello che si può considerare il più attendibile Dizionario topografico della Sicilia (di Vito Amico, aggiornato nel 1859 da Gioacchino Di Marzo), la storia di Palma è così compendiata: «Paese recente, Alba Villa dal Pirri, altrimenti Montechiaro, che occupando il giogo di un colle presso il lido australe sin dal secolo XIV sotto gli aragonesi, riconosce a fondatori i Chiaramonte e reca il loro vocabolo; attestano alcuni essere stata dove sorgeva un tempo l'antichissima città di Carnico ... «Amenissimo è il sito di Palma, su un poggio, che guarda mezzogiorno, distante circa 600 passi dalla spiaggia marittima. È diviso il paese da rette ed ampie vie, presenta dei bastioni contro le incursioni dei barbari [e cioè dei pirati algerini] ed una torre d'ispezione che appellano Castellaccio. Elegante è il palazzo baronale in luogo precipuo. La magnifica chiesa maggiore parrocchiale, in cui si venerano le spoglie di sant' Alipio martire, con dieci minori suffraganee, sotto la cura di un arciprete e sotto un vicario del vescovo di Girgenti, è sacra alla Beata Vergine e nel giorno della sua nascita [1'8 settembre] celebrano gli abitanti la festività con solenne pompa ed aprono un mercato. L'eremo di Monte Calvario siede pei chierici nella vetta. Il reclusorio in custodia delle donzelle povere gode di una congruente dote, come anche lo spedale dei poveri infermi, ed il monte di pietà istituito dal duca Giulio. «Sorse il collegio delle scuole pie nel 1712. Ma l'insigne monastero di donne dell'ordine di san Benedetto

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