~!tBIANCO \.XII.HOSSO Mi•iil•P 2) ad una estesa utilizzazione di pesticidi. Questi ultimi si dividono in tre categorie: a) gli insetticidi (arsenicali, fluoruri, Ddt, idrocarburi di origine vegetale, derivati dal cianuro, fumiganti, etc); b) i chemiosterilizzanti (antimetaboliti, agenti alchilanti); c) i fungicidi, gli antibiotici, gli erbicidi (composti inorganici, derivati policiclici dell'azoto come ad esempio l'atrazina). Tutti questi composti agiscono con una modalità comune: bloccano l'attività metabolica del parassita pur differendo tra loro per quanto àttiene alle dosi necessarie per svolgere la loro azione. Alcuni di questi prodotti sono cancerogeni quando sperimentati sugli animali e dimostrano un'attività mutagenica sia sui batteri che su cellule coltivate in vistro. La cancerogenicità di una sostanza chimica dimostrata su animali di laboratorio non si può trasferirla sull'uomo poiché le condizioni sperimentali con cui si provoca un tumore in un animale sono ben diverse dalle modalità mediante le quali può insorgere una forma neoplastica nell'uomo. Certo, se si considera che il cancro è oggi ritenuto una malattia che ha origini multifattoriali si può desumere che l'assunzione di fitofarmaci ripetuta negli anni possa concorrere, assieme ad altri agenti, all'insorgenza di un tumore. Siamo però nel campo di ipotesi che, per quanto solide, debbono essere suffragate da prove concrete. Va inoltre ricordato che il nostro organismo dispone di mezzi di difesa eccezionali rappresentati dal sistema immunitario che gli consentono di neutralizzare l'effetto nocivo determinato da agenti chimici diversi. Un sicuro effetto cancerogeno si è riscontrato, invece, per il personale che è abitualmente a contatto con i fitofarmaci che, per motivi di lavoro, vengono manipolati giornalmente. Recenti studi svolti su 22.000 lavoratori che utilizzano pesticidi per la conservazione delle granaglie, presentano un elevato rischio per le leucemie, per il cancro del pancreas ed anche per i linfomi nonHodgkin. I fitofarmaci più frequenti usati per la conservazione delle granaglie svolgono azione mutagenica e determinano delle alterazioni cromosomiche correlabili ad altri tipi di tumore. È vero quindi che coloro i quali manipolano abitualmente certi pesticidi sono esposti a rischio oncogeno. Ma è di estremo interesse rilevare che le : 6 farine ottenute da quelle medesime granaglie trattate con questi fitofarmaci sottoposte a rigorosi esami tossicologici non presentano alcuna attività mutagena o cancerogena. È quindi ,necessario approfondire con cognizione di causa certe notizie che tendono a creare una psicosi nel lettore senza una reale motivazione. Al giorno d'oggi le tecniche analitiche consentono di evidenziare componenti chimiche in quantità talmente ridotte che si aggirano attorno a valori di milionesimi di milligrammo, determinazioni che non esistevano praticamente 30 anni fa. Non deve quindi sorprendere se con le tecniche moderne si mettono in evidenza quantità di agenti chimici che una volta non erano assoiutamente accertabili sotto il profilo analitico. A dimostrazione che la scienza può migliorare sempre più l' «habitat» fisicochimico in cui viviamo, il seguente esperimento ne dimostra tutto il suo valore e la sua validità. Recentissime ricerche di ingegneria genetica, svolte su un batterio particolare, hanno condotto alla scoperta di un vaccino per i semi delle granaglie che consente di abolire l'uso dei pesticidi. Diversamente dai vaccini umani il fitovaccino non stimola il sistema immunitario della pianta bensì ne modifica l'apparato genetico introducendo in esso il gene ottenuto da un batterio: il Bacillus Thuringiensis. Questo gene sintetizza una proteina che uccide il parassita senza alterare il patrimonio genetico del germe di grano. Questa importantissima scoperta consentirà l'eliminazione totale dell'uso dei pesticidi sulle granaglie. Il fitovaccino potrà essere utilizzato entro il 1993/94. Scoperte come questa, di così grande importanza sociale, debbono incoraggiare l'opinione pubblica la quale deve avere fiducia nell'intelligenza e nelle capacità «ripara ive» e costruttive dell'uomo. Se è vero che la nostra società, proiettatasi in questi anni verso un consumismo esasperato è la causa principale del degrado ambientale, è altrettanto vero che per sopravvivere essa dovrà trovare in sé quelle risorse scientifiche e culturali che consentiranno di ridurre le contaminazioni dell'ambiente permettendo, a tutti noi, un modus vivendi più sicuro e sereno.
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