Emilia, Lombardia, Toscana e Veneto; e) la mancata sperimentazione di metodologie di valutazione della funzionalità della rete ospedaliera come nel caso della valutazione del case-mix ospedaliero (DRG's) avviata invece in Emilia Romagna; f) la mancata realizzazione di sistemi informativi in grado di produrre informazioni di esercizio e di governo per valutare l'efficienza/efficacia del sistema sanitario a livello regionale, di usl, di singolo servizio; g) la mancata o ritardata promulgazione di indirizzi legislativi di programmazione a livello regionale come nel caso della stesura dei piani sanitari regionali. L'assenza di queste aree di arretratezza nel Centro-Nord non implica però che la riforma sanitaria sia stata adeguatamente applicata in questo contesto territoriale. Questa osservazione risulta confermata qualora si consideri, ad esempio, che nei 1157 ospedali pubblici nazionali, sia nel Centro-Nord che nel Sud, sarebbe urgente l'assunzione di circa 60.000 infermieri e che si è in presenza di una sorta di schizofrenia della spesa e delle prestazioni per cui una giornata di degenza in un istituto di ricovero pubblico costa all'incirca 390.000 lire in Calabria e 210.000 lire in Liguria mentre una giornata di degenza in clinica convenzionata comporta un costo di 476.000 lire in Liguria e di 110.000 in Abruzzo. Non è quindi un caso che dopo più di dieci anni di riforma sanitaria si spende oggi in Italia per la prevenzione e la medicina di base la stessa quota di prima (11 O/o)- mentre l'ospedale costituisce sempre il perno del sistema - e che vi sia ancora un differenziale di spesa pro-capite del 22% tra la prima regione (al Nord) e l'ultima regione (al Sud). Ma neppure è casuale che, nonostante questi squilibri, nell'ultima regione del Sud in quanto a spesa sanitaria procapite, il costo di una giornata ospedaliera sia superiore del 42% a quella della prima regione del Nord (Mapelli, 1989). Ma al di là della schizofrenia della spesa e dei differenziali territoriali, la questione che in ambito sanitario si pone oggi con maggiore urgenza sembrerebbe essere la seguente: posto che la regolazione quantitativa e qualitativa -"-ti. BIY\CO lXII.HOSSO •ir•~iOiA Napoli, Monteoliveto. delle attività prevista dalle numerose disposizioni legislative degli ultimi anni, consenta di raggiungere l'obiettivo di razionalizzare ed eventualmente ridurre la spesa sanitaria, quali saranno gli effetti di questo processo sulla qualità delle prestazioni offerte all'utenza? L'assenza di una adeguata riflessione su questo aspetto di cruciale importanza sembrerebbe confermare l'esistenza di un vizio di fondo nella impostazione data al processo di razionalizzazione del settore sanitario cui non sfugge nemmeno l'ultimo disegno di legge del ministro De Lorenzo. Come è stato osservato (Manoukian, 1988), il cambiamento e la ristrutturazione organizzata dal Ssn viene identificato unicamente con l'approvazione di sempre nuovi provvedimenti legislativi. Organizzare, innovare, razionalizzare viene inteso solamente come disposizione, prescrizione. Questo approccio risulta fuorviante in quanto tende a considerare come omogenea una realtà che invece è assai articolata e differenziata. Non si tiene cioè conto che i prodotti/servizi sanitari appartengono a quell'insieme di prestazioni non vincenti per i volumi e la standardizzazione ma per la qualità dell'intervento. Il prodotto/servizio sanitario presuppone cioè una ineliminabile, diffusa ed alta discrezionalità individuale dei suoi addetti. In estrema sintesi, sembrerebbe possibile affermare che le difficoltà di incrementare la produttività nel settore sanitario possano ricondursi da un lato alle caratteristiche stesse dell' organizzazione sanitaria e dall'altro alla mancanza di una nozione compiuta dello stato di salute idonea ad essere tradotta sul piano operativo. Dalla consapevolezza dell'estensione del concetto di salute e del valore strategico delle condizioni organizzative ai fini dell'efficacia e dell'efficienza del sistema, deriva che, ammesso che sia possibile un risparmio delle risorse tenendo sotto controllo la spesa, è l'innovazione nell'organizzazione che può favorire un miglioramento delle prestazioni. L'elemento centrale di attenzione, come si accennava in precedenza, è dunque non tanto quanto il sistema consuma ma come il sistema utilizza le risorse. Quello che si intende, in conclusione ribadire, è che se si vuole realmente rinnovare il Ssn, al Nord come al Sud, e non solo razionalizzarlo per esigenze pur legittime di compatibilità economica, occorre cominciare a prestare maggiormente attenzione, e valorizzare, le situazioni locali, le situazioni concrete di lavoro. In questo processo il sindacato, soprattutto a livello decentrato, può e deve sviluppare una forte iniziativa in direzione della concreta applicazione dell'istituto contrattuale di incentivazione della produttività per obiettivi (sub II) previsto nei tre accordi di Comparto che si sono succeduti dal 1983 ad oggi.
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