istituzionali, sia nel campo del governo dell'incontro tra domanda e offerta, sia nel campo delle infrastrutture e dei servizi sociali, ha allargato la forbice tra le fasce sociali rispetto al riconoscimento dei diritti al lavoro e ai servizi sociali. In altri termini, il compito di regolazione delle dinamiche sociali ha scontato l'incapacità, ormai ammessa, delle politiche governative e le inefficienze dei meccanismi di distribuzione delle risorse, a livello locale ancora impreparati e avviluppati nella logica dell'assistenzialismo di Stato. Sinteticamente questo il quadro delle trasformazioni economiche e istituzionali di cui le donne, tra i soggetti deboli, pagano il prezzo, subendo il peggioramento delle proprie condizioni di lavoro e di vita nonostante la forte propensione culturale ad invertire tale tendenza. Molti sono gli indicatori di strategie femminili nel Sud volte ad affermare la propria soggettività nel rapporto lavoro/famiglia/Stato, ad esigere che nel modello di sviluppo 11:•~i:Olil socio-economico e culturale si riconosca pari opportunità ai due sessi. Molte sono le forme in cui le donne richiedono il riconoscimento delle loro istanze quali fattori di cambiamento nel sistema dei valori e dei modelli culturali. Storie di donne di successo, come quelle sempre più diffuse nel campo dell'imprenditoria meridionale, stanno a dimostrare la rottura di schemi consolidati in cui le donne rifluiscono verso professioni tradizionalmente femminili. Vicende in cui gruppi di donne si organizzano trasversalmente rispetto ad aggregazioni tradizionali, quali partiti o sindacati, per intervenire su questioni politiche e sociali stanno a dimostrare la voglia di unificare sotto la specificità del genere strategie ed istanze sociali. Ma anche azioni di cambiamento, nascoste dal velo dell'anonimato ma che si espandono nei contesti familiari, lavorativi, comunitari e istituzionali delle realtà del Sud, sono corrosive di atteggiamenti e strutture dei poteri consolidati che ancora assegnano priorità alla riproduzione del potere omoculturale e omosessuale, negando diritto di cittadinanza al sesso femminile. L'universo femminile meridionale è ancora poco conosciuto e si offrono ancora immagini stereotipate che richiamano quelle emerse dalle ricerche di anni pure recenti. Le modalità della doppia presenza con una subordinazione del tempo di lavoro al tempo della cura per la famiglia, o l'accettazione di condizioni di lavoro precarie, non tutelate, sommerse sono fenomeni tutt'ora presenti. Tuttavia la generalizzazione di questo modo di essere donna nel Sud devia la conoscenza delle variabili biografiche e di contesto che lo influenzano. E, pertanto, indirizzano in maniera inadeguata qualsiasi proposta di intervento politico e sindacale che voglia risparmiare le donne dal sopportare il peso di uno sviluppo socio-economico distorto e contraddittorio così come ancora oggi si configura quello meridionale. Donne del Sud: qualche nota per capire A d Aliano, il paese lucano diventato celebre in tutto il mondo perché è il luogo-protagonista del «Cristo si è fermato ad Eboli», di Carlo Levi, le nascite si sono drasticamente ridotte, dal 1975 ad oggi, esattamente della metà: nascevano quaranta bambini all'anno, fino al 1975, ne sono nati soltanto venti nel 1989. Emigrazione? No, il numero degli abitanti di Aliano, dagli anni in cui Carlo Levi vi era confinato (1935-1936), è rimasto praticamente ···-·· . di Adele Cambria lo stesso: 1.600. Il grande spopolamento della Lucania era infatti già avvenuto ai tempi di Levi, direzione l'America, ed Aliano, con il suo minuscolo sobborgo, Alianello, era una comunità già troppo piccola per ridursi ancora con le emigrazioni, questa volta intra-europee, degli anni Cinquanta. No, la spiegazione è un'altra: perfino in un paesino sperduto tra i monti, anzi tra i suggestivi «calanchi», biancastri e lunari, che la pittu- ■ 32 ra del confinato antifascista Carlo Levi ha fatto conoscere fin negli Stati Uniti ed in Russia, le donne meridionali hanno ridotto drasticamente il numero dei figli. E se a Napoli nascono ormai meno bambini che a Stoccolma, il dato non può non essere sconvolgente: è il sintomo di un mutamento che parte proprio dalle donne, anzi dal loro corpo, dal loro grembo. Nessuno, è chiaro, vuole qui enfatizzare la ridotta natalità come segno
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