iclll, BIANCO l.Xll,HOSSO IM111A11ii1ll In ogni caso, qualunque ipotesi di riordino del salario dovrà assecondare l'esigenza di una triplice ripartizione. Innanzi tutto una quota di "salario sociale" da garantire a tutti i lavoratori, anche quelli marginali non tutelati dalla contrattazione. In secondo luogo una quota di "salario professionale" legata ai rinnovi contrattuali. Infine una quota di ''salario di produttività legato al diverso andamento delle aziende. Se fossimo un paese più europeo, con una cultura meno provinciale, dovremmo prevedere anche una quota di "salario familiare" perché le differenze di reddito decisive riguardano le famiglie piuttosto che gli individui. Ma questa valutazione, per il momento almeno, sembra estranea ai responsabili della nostra politica salariale. In questo quadro con la disdetta della scala mobile la Confindustria ha messo l'accento sul primo elemento di quelli che dovrebbero concorrere a costituire il salario. Nell'accordo il Governo ha promesso che dopo il 1991 di questo istituto non ci saranno altre proroghe attuate per legge. È una buona cosa perché l'autonomia contrattuale sui problemi che riguardano il salario è sempre da preferire all'intervento della legge. È bene infatti che siaNapoli, Panorama da S. Martino. = 3 no le parti sociali a prendersi le loro responsabilità. Resta comunque il fatto che una scala mobile "privata" non produce effetti diversi da una scala mobile "pubblica", cioè adottata per legge. Nulla impedirà, naturalmente, alle parti di cambiare anche radicalmente questo istituto che, come tutti, è il prodotto della storia contrattuale e può quindi cambiare con il mutare del contesto storico. Ma le parti non potranno scavalcare il problema di garantire a tutti una quota di "salario sociale" un salario minimo da adeguare sulla base di parametri automatici o di negoziati periodici, come del resto, in vario modo, avviene in tutti gli altri paesi industrializzati. Poiché attualmente la scala mobile assicura una quota del salario intorno alle 900mila lire lorde mensili, è difficile immaginare che qualunque altro meccanismo, comunque battezzato, possa stabilire un salario sociale più basso. Ecco perché le smisurate aspettative che da alcuni commenti sono state assegnate al negoziato del prossimo anno sono, prima ancora che fuori luogo, illusorie e fuorvianti. Si può infatti anche credere nell'impossibile. Non nell'improbabile.
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