Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 7/8 - ago./set. 1990

triplo di quelli inglesi. Non c'è dubbio, allora, che la «polverizzazione» del commercio meridionale rispetto a quello nazionale sia relativamente inferiore alla maggiore frammentazione della struttura distributiva italiana rispetto a quella dei più importanti Paesi europei. E, mentre la minore concentrazione delle attività commerciali italiane nei confronti di quelle europee non si è granché ridotta negli ultimi anni, la razionalizzazione distributiva procede a Sud più rapidamente che nelle altre aree del Paese. Da cinque anni a questa parte, infatti, sono spariti a Sud oltre 11.000 negozi despecializzati e più di 3000 venditori ambulanti di generi alimentari. Nel contempo è quasi raddoppiato il numero dei supermercati e degli esercizi «cash and carry» e sono sorte oltre 800 nuove strutture per la commercializzazione all'ingrosso e per il commercio interindustriale. {)JJ, BIAN(~O lXll,HOSSO ■ iti#hi,i Nello stesso periodo al Sud sono state create quasi 160.000 nuove occasioni di lavoro nel settore distributivo, a riprova che la riorganizzazione del commercio non è per sua natura nemica dell'occupazione. Le tendenze di medio andare lasciano ritenere che questo processo di razionalizzazione non si esaurirà tanto presto. La crescita costante dei consumi non alimentari delle famiglie meridionali sollecita, dal lato della domanda, la specializzazione commercio o la formazione di nuove capacità distributive. Dal lato dell'offerta, stanno progressivamente cedendo le resistenze psicologiche e sociali - in sé, peraltro, non sempre e non comunque irragionevoli - alla espulsione dal mercato delle aziende marginali ed alla loro sostituzione con strutture distributive modernamente organizzate. Malgrado questi stimoli virtuosi, tuttavia, i limiti strutturali alla concentrazione del sistema distributivo sono in Italia, e segnatamente nel Mezzogiorno, più stringenti di quanto non siano in gran parte degli altri Paesi Cee. Innanzitutto purché la maggiore dispersione dell'offerta commerciale italiana corrisponde, in discreta misura, alla maggiore diffusione della popolazione in un più alto numero di centri abitati e, poi, perché la tuttora più elevata incidenza dei consumi alimentari sugli stili di acquisto delle famiglie italiane favorisce la sopravvivenza di un servizio despecializzato «di prossimità», che non sempre i grandi magazzini possono assolvere. Può non essere per domani, dunque, che la distribuzione meridionale colmerà ogni divario rispetto alla più razionale struttura di quella nazionale e, soprattutto, europea, ma è certo che sta camminando nella buona direzione. Nuova politica per finanza e credito N ella relazione annuale della Banca d'Italia del 31 maggio 1972, l'allora governatore Carli affermava che: «la collaborazione appena avviata fra gli organi della programmazione, le imprese e gli istituti di credito speciale appare destinata nel corso del tempo a definire i contorni di un metodo nuovo di promozione delle iniziative, di selezione degli uomini atti ad assumerla, di controllo sulla corrispondenza dei mezzi agli scopi e sul loro conseguimento finale. Il sistema sarà vitale se riuscirà possibile impedirne la degradazione in quello entro il quale le responsabilità si dissolvono e si cerca di ridi Nerio Nesi stabilirle attraverso controlli amministrativi e giudiziari. Il sistema si arricchirà attraverso il decentramento delle decisioni su base regionale alla condizione che siano rispettati i confini che delimitano le competenze dello Stato e delle regioni». In realtà, nulla di tutto questo avvenne: non vi fu alcuna programmazione. La storia di quegli anni è il dispiegarsi di un disegno che, individuando nella finanza il fulcro delle scelte economiche, sconfisse l'alternativa della programmazione e, attraverso una fitta rete di complicità della tecnocrazia e della politica, contribuì in modo determinante allo sperpero di risorse preziose per un Paese sottocapitalizzato come l'Italia, (basti pensare alla non politica ferroviaria, al finanziamento a borsa aperta degli sprechi dell'ente pubblico, al sostegno della speculazione edilizia, al vertiginoso aumento dei fondi di dotazione degli enti di gestione, finanziari con emissioni piazzate nei portafogli delle banche). Se questo fu un danno per l'intero Paese, lo fu in modo drammatico per il Mezzogiorno, dove abbiamo assistito ad uno sperpero di enormi risorse finanziarie che, se fossero state impiegate razionalmente, avrebbe-

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