B la concorrenza dopo la realizzazione del mercato unico europeo. Per finanziare i massicci piani di investimento un adeguamento delle tariffe è indispensabile. La soluzione del problema dell'acqua è la terza proposta del Gruppo Iri. È stato stimato che attualmente si perde circa il 48% di acqua fra perdite, sconnessioni, allacciamenti abusivi e strutture fatiscenti. L'Iri potrebbe, in collaborazione con l'Eni e magari anche con i privati, allestire una moderna rete di acquedotti garantendo così l'intero servizio, dalla captazione alla distribuzione. La quarta proposta riguarda la formazione. Le grandi strutture che l'Iri già detiene nel Mezzogiorno e destina alla formazione sono testimonianza della sua concezione delle grandi risorse umane presenti ma contemporaneamente dei limiti che queste incontrano. .Q!I. Bl-\~CO l.Xll,HOSSO ■ ft•#§•IA Perciò ci si pone il problema di utilizzare tali capacità ed educarle all'impresa. E questo è lo scopo dell'lri: formare una classe manageriale direttamente nel Sud e non limitarsi ad un semplice trasferimento di competenze gestionali. C'è infine la proposta di costituire una banca d'affari per il Sud, cui verrebbe demandato il compito di assumere posizioni di minoranza in imprese industriali e di servizi, di concedere finanziamenti a medio e lungo termine e di prestare la consulenza manageriale e tecnica a favore delle stesse imprese. Si tratta di proposte concrete, già potenzialmente attuabili, ma che necessitano di una presa di posizione governativa. Quello però che occorre tenere presente è che, al di là dei luoghi comuni, la sfida del '92 si fa realmente ogni giorno più vicina. E se si vuole arrivare a quella data con le carte in regola occorre far presto. Il Gruppo Iri è pronto ad affrontare questa sfida, ma pur riconoscendo il primato della politica, ha bisogno di decisioni tempestive e concrete su programmi organici e completi, ha bisogno di una programmazione precisa, di istituzioni efficienti e qualificate, rivendicando per sè e per la classe industriale il primato del fare. L"'incertissimo destino" che per il Sud prevedeva Giustino Fortunato, sarà dunque esorcizzato solo se si realizzerà una stretta collaborazione tra il mondo imprenditoriale e quello politico. Non si tratta di uno sterile primato locale ma del futuro dell'intera azienda Italia che nel Sud gioca una partita decisiva. Ma di tempo ce n'è poco e quello che si può fare lo si deve far subito. Domani potrebbe essere troppo tardi. Sud: riorganizzare il N aturalmente è piuttosto arbitrario parlare del sistema distributivo meridionale, isolandolo delle complesse e contraddittorie relazioni che legano l'economia del Mezzogiorno nel suo insieme al sistema produttivo nazionale ed agli stessi rapporti di scambio e di investimento dell'Italia con l'estero. Eppure conviene proprio partire da questa prima e sicuramente eccessiva semplificazione per rintracciare le più vistose e significative peculiarità dell'apparato commerciale del Sud rispetto a quello italiano e, più in genere, al modo di commerciare in Europa. È vero, innanzitutto, che la struttura distributiva è particolarmente frammentata nel Meridione, dove cir- • commerc10 di Giampiero Sambucini ca un terzo di tutti gli esercizi al dettaglio esistenti in Italia servono poco meno di un quarto dei consumi finali interni delle famiglie. L'ingrosso interindustriale, la distribuzione organizzata ed il commercio associato coprono a Sud spazi di mercato quattro volte inferiori a quelli soddisfatti nel Centro-Nord, e nel Mezzogiorno ogni azienda commerciale serve mediamente cinque famiglie in meno di quelle servite dalle imprese centrosettentrionali. Non è però sicuro che, come spesso si dice, questa maggiore frammentazione sia imputabile senza residui e senza attenuanti ad intrinseche carenze imprenditoriali del commercio meridionale. 27 Pare, piuttosto, essere in buona misura lo speculare riflesso delle differenze strutturali che separano il sistema distributivo italiano da quello degli altri Paesi europei. Perché è sicuro che l'intera distribuzione italiana è assai meno concentrata di quanto non avvenga nel resto d'Europa. In Italia ci sono da due a quattro volte più negozi per ogni mille abitanti di quanti ce ne siano in Germania, in Inghilterra ed in Francia; da noi l'incidenza degli ipermercati sull'intermediazione commerciale è tra un quarto ed un decimo più modesta di quella rilevabile nei paesi ora ricordati; il numero assoluto degli esercizi commerciali italiani è doppio di quelli francesi o tedeschi e più che
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