Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 7/8 - ago./set. 1990

pria delle calamità naturali, o di crearne di nuove, con lo scopo di determinare e giustificare lo stanziamento di nuovi fondi da parte dello Stato. Del resto la Commissione Parlamentare di inchiesta per il terremoto dell'80 in Campania ed in Basilicata credo si stia occupando anche di questi aspetti. È vero tutto questo?. Indubbiamente sarebbe una inutile, folle, se non stupida esercitazione dialettica tentare di negare che il clima nel mezzogiorno è diventato pesante e che molte situazioni si sono ulteriormente complicate. Del pari però, sarebbe profondamente ingiusto sostenere che è questa la condizione della maggior parte del mezzogiorno e non riconoscere invece che la stragrande maggioranza dei meridionali è gente che lavora, che studia, che produce, che soffre. Sarebbe cioè iniquo non evidenziare che in quanto a risorse culturali, umane e naturali, ad energie scientifiche e professionali, economiche e industriali, il mezzogiorno dispone di un potenziale immenso, un potenziale non sempre messo a frutto, certamente per incapacità o per incuria degli stessi meridionali, ma talvolta anche per circostanze esterne molto spesso allo stesso nostro paese. Basterebbe sotto quest'ultimo profilo solo ricordare che con la crisi energetica del 72 ed il conseguente processo di ristrutturazione economica ed industriale che ha investito il mondo industrializzato e quindi l'Italia, saltarono tutti i presupposti, i caposaldi che pure negli anni 50 e 60 nel mezzogiorno, magari parzialmente e a fatica, commettendo anche degli errori, si erano creati. Se si aggiunge che nel nostro paese a quella crisi se ne cumularono altre di natura politica e sociale, i famosi confusi anni 70, si può giungere agevolmente alla conclusione che vi sono certo molte responsabilità, ma vi sono pure seri motivi per riflettere nel programmare il futuro. Non vi è dubbio, quella del mezzogiorno di oggi è anche una crisi morale, una crisi di valori. Le prospettive che oggi si presentano, per i profondi mutamenti che hanno scosso il mondo, creano al mezzogiorno nuove difficoltà ma certamente nuovi spazi e nuove sfide. La "dilatazione" dell'Europa ad esempio, impone senza dubbio l'abbandono di quella filosofia che portò Ui•#hlA ..,t - ·-- Napoli, Santa Lucia, vicoletti. al "protocollo" di Roma. L'Italia meridionale, infatti, come la più estesa area depressa d'Europa, non è più proponibile. Tuttavia è proprio il mezzogiorno d'Italia che potrebbe candidarsi ad esercitare un ruolo baricentrico in un'area mediterranea modernamente concepita, area che secondo una certa corrente di pensiero sarebbe indispensabile per riequilibrare la forza ed il potenziale che si va accumulando nel1'Est europeo con al centro la riunificazione economica della Germania. Una sorta di Giappone, qualcuno ha scritto, incastonato nel cuore dell'Europa. Per questo disegno appaiono peraltro coerenti l'iniziativa della CISL per un "patto" tra Confindustria, sindacati, governo sul Mezzogiorno e la determinazione del Ministero del Bilancio di concentrare le risorse disponibili per risolvere alcuni grossi problemi. È perseguibile tutto ciò? Personalmente non credo più alle formule dei piani calati dall'alto. Chi deve assumersi la responsabilità di guidare questo "autonomo" processo di riscatto deve essere la società meridionale nel suo complesso. Se deve crescere l'economia, l'industria, le forze sociali, deve anche crescere la politica, devono crescere le Istituzioni, anche quelle scientifiche e culturali. Crescere nel senso di saper tra l'altro indirizzare i propri sforzi, il proprio lavoro, verso il perseguimento di obiettivi comuni. Per troppo tempo è prevalsa la "cultura della dipendenza", aspettare cioè che altri decidesse, intervenisse, risolvesse. Autonomia non significa naturalmente fare a meno degli altri, significa però saper prospettare e prospettar-Siil futuro, saper individuare i propri punti forti ma anche quelli deboli, saper ricercare ed attuare sinergie con il pubblico, con il privato, con lo Stato, con le autorità sovranazionali. La nuova legge sulle autonomie locali, cui si spera possa seguire quella sugli Enti Regionali, può essere di grande aiuto.

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