piccoli e grandi clientelismi, lobbies, connivenze con la criminalità organizzata. Si può convenire con esse (lo ha chiesto recentemente anche la Confindustria, ma è presente nelle posizioni delle confederazioni sindacali) che le incentivazioni siano quanto più automatiche possibili. Ma che senso ha una lunga e forte fiscalizzazione degli oneri sociali, una esclusività al Sud dei contratti di formazione-lavoro se non c'è una netta, esplicita opzione per allargare le occasioni di lavoro nel Mezzogiorno? Questo è il punto: si può creare un grande patto sociale ed economico ma anche culturale e politico tra Nord e Sud dell'Italia fondato su meno spesa assistenziale e più opportunità di investimenti. È vero che questi vanno dove c'è convenienza ma proprio questa, con ,QJ_tBl.\~CO '-XltHOSSO 11#1h1ld l'Europa alle porte, l'Est a due passi, Napoli, Via San Carlo ha molte facce e soprattutto molte direzioni verso cui rivolgerle. È atto di volontà scegliere il Sud e cioè scegliere di ridurre la differenza di velocità che esiste tra le due parti del Paese. Questa scelta può essere facilitata da un Sud che cerchi di dimostrare che in larghissima maggioranza è fatto di gente che non aspetta che «qualcosa» arrivi sul serio, di gente che è stufa di un'immagine del Sud in negativo. Perché tutto ciò emerga,_dal sindacato deve partire una nuova fase di protagonismo, tendente a dare voce a quel Sud che non si rassegna, che non si adagia sull'assistenzialismo, che non ammutolisce di fronte ai grandi imbrogli, ai delitti, al malgoverno. Soltanto così il Nord non potrà essere egemonizzato dalle parole d'ordine delle leghe, ma esprimere volontà cooperative ed integrative. Dalla dipendenzaallo sviluppomoderno e ominciò Forattini! Poco più di un anno la consueta vignetta su "La Repubblica", considerata ormai come un vero e proprio articolo di fondo, rappresentò due regioni, la Campania e la Calabria, trainate dalla Sicilia in funzione di rimorchiatore, verso il largo nel Mediterraneo. Poi, più di recente, un documento dell'Ocse collocava il mezzogiorno d'Italia dietro Grecia e Portogallo e sotto il profilo industriale alla pari con la Turchia, mentre in uno studio di un autorevole settimanale europeo si considerava che di Enzo Giustino senza il mezzogiorno l'Italia potrebbe vedere risolti quasi tutti i suoi problemi, compreso quelli gravissimi del deficit di bilancio e dell'indebitamento dello Stato. Da ultimo il consueto rapporto Svimez che con il rigore delle sue analisi ha sostanzialmente confermato questo stato di cose. Piaccia o no è questa l'immagine che fuori e dentro i confini nazionali si ha del mezzogiorno. L'immagine di una terra afflitta da innumerevoli irrisolti ed irrisolvibili problemi; una terra per la quale si sono "sprecati" fiumi di miliardi senza nes- ■ J3 I -• sun risultato concreto; una terra dove, almeno negli ultimi anni, gli investimenti dello Stato, consolidano sempre di più la formula dell'assistenzialismo, dell'emergenza, della precarietà, ma che soprattutto alimentano e rafforzano la malavita organizzata; una terra dove l'unica forma di economia, come ha teorizzato la Becchi Callidà, è solo quella della "catastrofe", validamente sostenuta da un "partito della catastrofe". Un "partito" cioè impegnato a procastinare nel tempo l'emergenza pro-
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