La potenza dei direttori di azienda e dei nuovi ricchi che stanno nascendo nel paese con l'espansione delle imprese cooperative e private si è sensibilmente accresciuta negli ultimi anni. Essa però incontra l'ostilità della popolazione e dei lavoratori, non solo per vecchi pregiudizi egualitaristici ma anche perché il ruolo di queste figure è in aperto dissidio con gli interessi e le condizioni materiali della grande massa. Perciò è l'intellighenzia che pare in grado di contrastare con maggiore successo il potere della nomenklatura eriproporre cosi il suo ruolo tradizionale di "classe generale". Basti pensare al fatto che tutti i leader radicali, tranne Eltsin, sono intellettuali, e che lo stesso Gorbaciov affidi a intellettuali il tentativo di soppiantare nel ruolo dirigente i burocrati di cui la sua leadership è inevitabilmente attorniata. A meno che non si pensi che nel giro di pochi anni in Unione Sovietica possa affermarsi un sistema economico capitalistico, il problema del consenso e del coinvolgimento di ampi strati della burocrazia non potrà essere eluso dai dirigenti del paese. Il resto, i 18milioni di persone che compongono il ceto politico-amministrativo sovietico non sono affatto una realtà omogenea; in essi rientrano dirigenti di partito e ~.lLBIANCO l.XILROSSO •I i•B11411 i iitiMfrii alti funzionari statali, tecnici della pianificazione e boss locali, dirigenti di imprese e leader sindacali. Perciò gli orientamenti politici e gli interessi corporativi di queste figure non sempre coincidono, di modo che in questo grande aggregato si possono rinvenire tanto gli avversari più accaniti della perestroika quanto i suoi promotori più conseguenti. Lo stesso partito comunista è un organismo complesso, in cui oltre all'elite dirigente convergono larghe fette della società civile sovietica. Di conseguenza, la contraddizione apparente tra masse e potere, tra società e partito-Stato è destinata a lasciare il posto a schieramenti più variegati. Certo, finché la scelta degli elettori sarà tra i simboli di un potere più screditato e i tribuni della protesta e dello scontento, difficilmente le cose assumeranno un'altra configurazione. Se invece il confronto si sposterà sui temi che raggiungono gli interessi concreti, le forze si distribuiranno secondo un criterio meno interclassista. Del resto, ciò si sta già in parte verificando. Sia nel fronte dei "conservatori" che in quello dei "radicali" la distanza tra accentuazioni e orientamenti diversi sta crescendo, spesso a partire da collocazioni territoriali. Anche all'interno dei gruppi sociali gli approcci sono i più disparati. Basti pensare alle congerie di club informali di operai o di intellettuali che danno risposte opposte a problemi che dovrebbero essere comuni. Accanto a un populismo di "sinistra" se ne sta sviluppando uno di "destra", come mostrano ad esempio le vicende del partito di Leningrado e del Fronte Unito dei lavoratori russi. In un certo senso, si può dire che attualmente in Urss si vada delineando una sfasatura tra l'espressione della dialettica politica, fondata sulla polarizzazione tra riformisti e conservatori, e l'espressione della dialettica sociale, ancora improntata dalla contrapposizione tra masse e partito-Stato, ma sempre più frammentata in gruppi di interesse e di opinione a base particolaristica. Se e come si riagganceranno i due livelli è difficile prevedere. Molto dipenderà dal passaggio della politica di perestroika a una fase di realizzazioni economiche e sociali. Ma ancora di più sarà decisiva la presa di coscienza da parte dei gruppi sociali della propria identità di classe. Forse a quel punto i lavoratori sovietici riusciranno a sottrarsi al ruolo di massa di manovra che ieri come oggi viene loro assegnato dalle elite dominanti. Sul ritorno della ''bestia'' antisemita L a bestia immonda è rinata, l'antisemitismo ha rialzato la testa, l'incubo degli anni trenta sembra esseretornato nella nostra patria, l'Europa. E tuttavia, oltre a chiedersi quali siano le ragioni del ritorno dell'antisemitismo, occorre anche distinguere. Non tutti gli antisemitismi sono la medesima cosa, e non tutti portano a medesime conseguenze. Ma prima di entrare nei "distindi Wlodek Goldkorn guo", conviene spendere due parole su alcuni tratti comuni degli antisemitismi. E in questo contesto, la rinascita della "bestia", in contemporanea, all'est come all'ovest del nostro continente, non è un caso. Crollato il comunismo, arrivato alla sua parabola finale l'impero sovietico, è mancato in Europa (in occidente) il nemico, o meglio, l'immagine del nemico. Non c'è più il "corruttore delle anime", l'assassino, = 57 il potente nemico esterno, che però si annida in seno alla nostra società. O, per uscire da questa immagine caricaturale e forzata (anche se vera), non esiste più il male. O meglio, il male metafisico che assume sembianze umane. Si potrebbe obiettare: il male esiste tuttora, ed è incarnato, Firenze insegna, nella figura dell'arabo, del nero, dell'extracomunitario, come con un certo pudore vengono chiamati gli uomini di
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