,P.lLBIANCO l.XIL HOSSO i Nifiiii) Qliii tiMhii Urss: dal <<travaglio» attuale una realtà incerta U no degli aspetti in gran parte ignorati del rivolgimento che l'Urss sta vivendo riguarda il rapporto tra la dialettica politica li in atto e le trasformazioni che stanno investendo la struttura e le funzioni della società sovietica. Ad esempio, lo schema dicotomico riformisti-conservatori non è più sufficiente a spiegare i rapporti tra le forze in campo, sempre più frammentate e indecifrabili. In mancanza di un organico progetto di riforma, le diverse questioni di grande rilevanza sociale che di volta in volta entrano in campo (nazionalità, mercato, prezzi, istituzioni ... ) producono nuovi e non di rado imprevisti posizionamenti delle forze. Probabilmente, è l'effetto innovativo dell'espansione dei diritti di cittadinanza, innanzitutto quelli elettorali, conseguita all'impulso riformatore di Gorbaciov che ha impedito finora la presa di coscienza e l'esplicitazione piena degli interessi sociali che vivono nel tessuto dell'universo sovietico. La profonda crisi di legittimazione in cui versa il sistema sovietico fornisce l'immagine di un organismo attraversato da una frattura secca tra potere e società, tra una ristretta elite di governanti e la massa sterminata dei governati. Ma si tratta di un'immagine in larga misura ingannevole, che non tiene conto della struttura complessa della società sovietica, assai differente da quelli degli altri paesi dell'Est europeo. Infatti, a fronte dello sgretolamento, come castelli di sabbia, dei gruppi di potere insediati nei paesi in cui il sistema socialista era stato imposto artificialmente, la tenuta dell'Urss non può essere spiegata solo con la maggiore forza che vi deterrebbero gli apparati repressivo-militari. Il fatto è che la classe dirigente sovietica ha storicadi Enrico Melchionda mente stabilito un più forte radicamento nella società e nelle istituzioni del paese. Il potere del Partito comunista sovietico si è fondato essenzialmente su un'ideologia e una costruzione sociale operaiste. L'operaio dell'industria è stato assunto sin dall'inizio come il modello di cittadinanza per eccellenza, dalle cui fila veniva reclutata la nuova elite dirigente. Mentre per la condizione del lavoratore industriale il progetto comunista immaginava una infinita espansione, alle altre figure sociali - i borghesi, i contadini, gli intellettuali - veniva imposta una cittadinanza dimezzata. Se a queste ultime venivano riservati vincoli e repressioni, agli operai si concedevano indubbi privilegi: redditi più elevati, controllo sulla prestazione lavorativa, accesso all'istruzione superiore, rappresentanza nelle istituzioni elettive e nel partito, ecc. Tuttavia, il ruolo dirigente degli operai rimaneva sostanzialmente formale e retorico, e la loro identità di classe, una volta istituzionalizzata, era di fatto polverizzata dall'atomizzazione sociologica. La crisi che ha investito l'Urss negli anni '80, vanificando gran parte dei privilegi materiali acquisiti dagli operai, ha accelerato il disincanto di questi nei confronti dell'ideologia operaista, e ha messo simultaneamente in luce il sistema reale di dominio e di autoriproduzione di parte di una elite ormai lontana dalle sue origini popolari. Il ceto politico-amministrativo, una volta svincolato dalla sua radice e dalla sua legittimità operaista, è apparso come una classe dominante, per di più espressione di regole sociali arbitrarie prive di qualsiasi fondamento economico, ideologico o politico. Di qui il moto di rivolta populista cui si è assistito con sempre maggiore intensità nelle vicende sovietiche più recenti. Le prime elezioni democratiche della storia dell'Urss sono la conferma più evidente di questa dinamica- fatti microscopici come il successo plebiscitario di Eltsin e dei radicali e la bocciatura quasi sistematica dei candidati di apparato hanno occupato decisamente il proscenio della politica sovietica. Eppure, alle loro spalle gli attori appaiono più definiti, gli scenari più frastagliati. Al contrario di quel che avveniva in passato, le nuove assemblee rappresentative elette dal popolo sovietico sono composte prevalentemente da intellettuali, manager industriali e professionisti, e in esse gli operai sono presenti in percentuali che vanno dal 6 al 140/o (rispetto al tradizionale 40-500Jo).Se è vero che questo fenomeno può essere considerato un effetto naturale del passaggio da un modello ideologicocorporativo a uno politico della rappresentanza, è anche vero che costituisce, insieme ad altri, un indicatore significativo della natura reale della dialettica politico-sociale sovietica. L'ipotesi è che non ci si trovi di fronte tanto a una lotta fra classi, quanto a uno scontro tra elite in competizione per la direzione della società. La novità è nel fatto che questo scontro rimette in discussione e in qualche misura svela il fallimento di un inedito esperimento sociale, in cui i ceti tradizionalmente privilegiati (per ricchezza o sapere) erano stati estromessi dal vertice della gerarchia dei poteri, soppiantati da un nuovo ceto politico di origine popolare. Ora, una nuova potenziale classe dirigente sta prendendo piede nell'Urss. : 56 __
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