Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 5/6 - giu./lug. 1990

le vesti di un "terrorista khomenista". Anche se appare evidente che certe connessioni tra l'uno e l'altro luogo di espansione dell'Islam e le sue forme radicali possono esistere, è del tutto abusivo fare di ogni moschea o associazione islamica un luogo di sovversione, e tuttavia, aldilà delle interpretazioni frettolose e falsificanti rimane una questione che si pone all'Islam europeo: quella relativa al suo grado di autonomia e alla sua sensibilità in relazione ali' evoluzione dei paesi centrali dell'Islam, sia che si tratti del Golfo Persico, del Maghreb, della Turchia, che delle nazioni musulmane dei Balcani o dell'Oriente. E in più, questione forse ancor troppo prematura, quella del suo apporto originale - si potrebbe dire euroislamico -, ai grandi dibattiti che agitano l'Islam mondiale. L'Islam infine ha subito incontrato la realtà ideologica e politica europea. Da una parte, l'apparizione di questa nuova religione, che si capisce subito essere ben più che solo una religione che si vede anche come religione conquistatrice, era in grado di suscitare discussioni sul religioso nella società e nello stato. La paura dell'integrismo, suscitata soprattutto negli ambienti laici, stava prendendo un ruolo dominante e diventando la categoria interpretativa corrente e molto sommaria della realtà dell'Islam. Questa paura si accompagnava rafforzandosi a quella di una possibile alleanza tra l'Islam e le forme più radicali di cattolicesimo e delle strategie vaticane. La paura dell'integrismo, le categorie sommarie utilizzate dalla stampa, le affermazioni autoritarie e intellettualmente confuse di uomini politici di tutte le tendenze, che facevano una cosa sola di ogni atteggiamento tradizionalista o anche semplicemente religioso con l'integrismo e addirittura con il khomenismo impedivano, e ancor oggi impediscono, di far maturare la questione di fondo e di generare un dibattito e un dialogo con i musulmani costretti a rinchiudersi in posizioni difensive. E tuttavia si tratta di uno dei problemi più importanti degli anni futuri: quello di sapere come l'Islam arriverà a formulare la sua presenza nello spazio pubblico europeo. Seguirà una ipotesi di privatizzazione del religioso, sulla strada già percorsa dal cristianesimo occidentale? O cercherà di affermarsi uti- .1)-l.t BIANCO l.XltROSSO •NIIBEAiiiij(u@nn Reparto della Pirelli Bicocca, primo '900 lizzando le sue categoria classiche, ancor oggi dominanti, che affermano una identità tra modello culturale, società e stato? In questo caso, anche se non potrà concepire la sua presenza che come minoranza all'interno dell'Occidente (sul piano del diritto e delle istituzioni giuridiche), come potranno reagire le nostre società? Così il futuro dell'Islam è aperto, e sono numerosi i capitoli della posta in gioco. Sono anche di gran peso, perché essi vanno a toccare le questioni cruciali dell'organizzazione civile e politica: i fondamenti del diritto, la laicità dello stato, le conseguenze della religione, i rapporti internazionali, il futuro delle ideologie nel Terzo mondo. È necessario rendersi conto che da- : 55 vanti a questa posta in gioco tutti, musulmani e non musulmani, sono senza risposta. Una volta messa da parte la risposta che ciascuno può formulare per se stesso, resta impedita la possibilità di un qualsiasi negoziato o compromesso. L'affare Rushdie è da questo punto di vista esemplare. Occorre urgentemente un lungo lavoro di riflessione da portare avanti senza l'ingenuità di certi dialoghi e di certi discorsi sulle relazioni interculturali, ma anche senza esitare, sapendo che richiede tempi molto lunghi. E sapendo anche che le soluzioni trovate all'interno degli spazi europei potrebbero essere il paradigma delle soluzioni cui pensare, tra il nord e il sud del Mediterraneo.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==