8 in grado di flessibilizzare la normativa di legge e sono quindi una fonte di diritto. Proprio per questo ritengo utile segnalare un fatto nuovo che può incidere positivamente nella realtà di cui stiamo discutendo. Alludo alla costituzione formale, nel mese di aprile, delle quattordici Agenzie dell'impiego nelle regioni a statuto ordinario (che si aggiungono alle Agenzie istituite autonomamente dalle regioni a statuto speciale e dalla provincia autonoma di Trento, capostipite di questa esperienza). Così come le Commissioni regionali dell'Impiego, anche le Agenzie per l'impiego sono organi del ministero del Lavoro profondamente radicate nella realtà delle rispettive regioni: la commissione è costituita dalle parti sociali della regione, l'Agenzia opera sulla base degli indirizzi della Commissione stessa a partire da un piano di interventi elaborato sulla base delle priorità economico-sociali nella regione. Il ministero del Lavoro sposta così alla periferia una parte considerevole .{)JI, BIAl\CO lXltllOSSO •h•#hld del suo potenziale operativo e lo fa agire non più sulla base di procedure centralizzate identiche per tutte le periferie (da quelle ad altissimi indici di disoccupazione a quelle con un mercato sostanzialmente saturo), ma a partire dalle analisi e dai progetti elaborati localmente per il territorio regionale. Questi obiettivi come è noto si riferiscono ad una attività di progettazione di interventi promozionali per favorire l'occupazione, soprattutto per favorire i soggetti più deboli e dunque con una funzione di riequilibrio. Esiste quindi uno spazio partecipativo in più, riferito al mercato del lavoro. Questo spazio dà forza e potere alle parti sociali; ma non in una dimensione autarchica, bensì dentro una dimensione ed un involucro pubblico. Le parti sociali sono interessate a questo ruolo? Se la risposta è affermativa, lo devono dimostrare nei fatti attivizzandosi maggiormente al livello delle Commissioni regionali dell'impiego, organo che anche per loro responsabilità ha avuto un decollo difficile. Siamo nel campo della democrazia economica? Certamente in quello della partecipazione. Partecipazione come processo che porta nuovi protagonisti al livello della gestione di scelte che è bene non siano esclusive: né da parte dell'impresa né da parte dello stato. Partecipazione è un valore in sé: allargare il protagonismo ed il consenso è già una conquista. Ma non ci si può più fermare qui. Non più solo a questa prova dunque siamo attesi, ma soprattutto a quella dei fatti, cioè ai parametri dell'efficienza e al rapporto costiricavi. Questo vale per l'Agenzia per l'impiego (come per ogni nuova struttura pubblica che venga istituita), ma coinvolge anche, nel dibattito sulla partecipazione e sulla democrazia economica, le parti sociali ed i diversi partner che intendono giocare un ruolo: anch'essi dunque dovranno dire per quali vantaggi sociali si propone la partecipazione, quali sono le più generali convenienze, oltre ad un avanzamento di status del ceto dirigente sindacale. I privilegiatie i superflui A pprofondendo il problema della Solidarietà e dei diritti di cittadinanza all'interno di questo momento storico dobbiamo rilevare come, in un clima di accentuata durezza, di spietata guerra silenziosa o manifesta al debole e al diverso, parlare dei diritti delle persone a svantaggio sociale come dei doveri di chi deve loro riconoscerli, è veramente andare controcorrente e realizzare l'unica vera opposizione sociale e politica. Ciò è tanto più difficile quando l'impegno di solidarietà vuole esprimersi in un luogo centrale della divisione tra gli uomini, in uno spazio di frontiera, come quello del lavoro, che porta con sé valori di identità, di autonomia, di dignità e di effettiva partecipazione alla ----- --- ---- - di Sergio Schintu vita sociale e alle sue crescite. Oggi nella cosiddetta società dei due terzi, l'esercizio del diritto non è prioritario né si intravede una reale tensione civile verso una società all'altezza dei suoi valori costituenti. I diritti sono per la maggioranza, la disoccupazione e l'assistenzialismo sono per la minoranza; la democrazia sembra così condannarci all'ingiustizia e la società invece di costruirsi intorno a regole che consentano pari opportunità e adeguati sostegni a progetti personali, si divarica sempre più delineando, da una parte i privilegi e dall'altra i superflui, quindi gli esclusi, quindi gli sprecati a questa divaricazione ha connotati non soltanto individuali, ma essenzialmente sociali. -t8 Credo non sfugga a nessuno la natura distruttiva di questo processo di emarginazione che ha il suo perno nella disoccupazione e che, se non contrastato, divorerà inesorabilmente strati sempre più ampi di donne, uomini, giovani e quindi di destini e di risorse. Le ragioni dell'economia e le ragioni delle persone appaiono sempre più inconciliabili, un punto d'incontro fra il mondo economico e la sfera sociale non sembra possibile. I soci della Frsl (54 associazioni) ritengono invece che i due termini possano conciliarsi, che la contraddizione non debba portare necessariamente alla separazione, ma che possa essere resa vitale, farsi idea, progetto ed iniziative.
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