sempre ambiti più favorevoli a modelli partecipativi, rileva la prevalenza di commissioni miste informali, non pianificate e comunque limitate ai temi della flessibilità del lavoro a livellomiero più che alle strategie e ai cambiamenti strutturali delle imprese. Fino a quando sarà possibile mantenere un modello cosi informale di partecipazione dei sindacati e dei lavoratori? Nel suo concreto operare, esso sembra avere molti punti in comune con il modello tedesco, però più formalizzato. La limitata istituzionalizzazione richiama invece alla mente l'esperienza anglosassone. Probabilmente il sistema italiano di relazioni industriali si sta costituendo quale terzo polo, nel panorama europeo, rispetto ai due esistenti e consolidati. Ma ciò potrà comunque avvenire solo con nuove regole che finora tutti sembrano volere più che introdurre realmente. In chi crede che soprattutto il capitalismo democratico di oggi abbia bisogno di continue riforme deve prevalere l'ottimismo, almeno fino a quando l'occasione non sia del tutto perduta. Strumenti nuovi per il mercato del lavoro e ome per i francobolli è ormai necessario compilare un catalogo se ci si vuole muovere con cognizione di causa tra le nuove e innumerevoli pattuizioni tra le parti sociali: Intersind, Confapi, Confindustria con le strutture confederali a livello provinciale, nazionale e regionale realizzano intese e protocolli, istituiscono Enti bilaterali, Osservatori, Sottocommissioni, strutture di intervento, finanziano ricerche. Se anche i contratti seri tra le organizzazioni rappresentative delle parti sociali oggi non mancano (contratti nell'industria, scala mobile, diritti delle piccole aziende) attraversiamo indubbiamente una fase positiva di schiarita nei rapporti di reciproco riconoscimento di ruolo. Imprenditori e sindacati, al contrario, guardano in cagnesco il terzo partner - la parte pubblica - gli rimproverano una generale inadeguatezza della sua impostazione di riforma ed inefficienza nei singoli interventi: decidono di intervenire direttamente in alcuni campi (valga per tutti l'esempio della formazione professionale) ciò che ha un valore in sé, ma - se i politici non fossero ciechi e sordi - varrebbe assai di più come deterrente. Si farà questo matrimonio? E ancora: c'è sostanza o di Alberto Bellocchio sono solo fogli di carta? A mio avviso i temi in discussione sono rilevanti: sia che si parli della istituzione e gestione di fondi di investimento costituiti col risparmio dei lavoratori, cosi come di parti del salario collegate con l'andamento generale dell'azienda, così come, su un altro versante, attorno alle tematiche dello Statuto della Società Europea e delle diverse ipotesi in campo per realizzare forme di partecipazione dei lavoratori nell'impresa. Ma non solo la robustezza delle tematiche richiede una intensificazione dei rapporti tra le parti sociali, ma la situazione della nostra industria alla vigilia dell'impatto col Grande Mercato e la crescente concorrenza giapponese richiedono una qualche intesa, maggiore cooperazione al livello dell'azienda. Se la strada è quella della qualità totale, occorrerà costruirle attorno un contesto di partecipazione: cioè istituti, ruoli e procedure partecipative, che saranno un segnale preciso per gli addetti di quell'azienda, ed anche al livello della società. Alla Fiat il problema è posto in modo esplicito. E torna nuovamente il tema della classe politica che sembra non avvertire l'importanza delle cose che accadono: anche quando accadono contro di lei e minacciano di eroderne, magari solo lentamente, spazi di intervento e di potere. La questione cui la classe politica infatti non dovrebbe essere indifferenze è se la democrazia economica è un processo a tre o solo a due gambe. Questo processo è destinato a interessare anche la materia del mercato del lavoro, nel senso di una gestione diretta di suoi segmenti da parte di imprenditori e sindacati saltando via il ruolo pubblico? Esistono notevoli segnali in questa direzione. Anche in questo campo infatti la lentezza delle procedure parlamentari - oltre due anni per la legge che regolamenta gli scioperi nei servizi pubblici, la minaccia del referendum per la nuova normativa nelle piccole aziende, e chissà quando avremo le leggi sulla nuova Cassa integrazione, il collocamento obbligatorio, le pari opportunità, la formazione lavoro - convince le parti che solo un confronto diretto può spostare in avanti la trattazione del tema. E non è detto che questa prassi o attitudine rappresenti sempre una invasione di campo. Le parti sociali, ad esempio - dentro la Commissione regionale dell'Impiego cui compete il governo del mercato del lavoro - sono
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