Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 5/6 - giu./lug. 1990

zioni di lavoro, sicurezza sociale) e assume a suo oggetto l'obiettivo di rendere sostanzialmente equivalenti i poteri dell'impresa e quelli dei lavoratori. Essa pertanto si concentra su due aspetti, il potere decisionale e la formazione del capitale. Solo con quote di capitale equivalenti tra capitalisti e lavoratori il potere decisionale, tende a bilanciarsi negli assetti giuridici delle nostre società. Per questa ragione, partecipazione alle decisioni e partecipazione al capitale, sono due aspetti di uno stesso problema. Il problema non è nuovo ed è stato posto non solo in sede sindacale e politica, ma la stessa Chiesa (si pensi alla Rerum Novarum) ha avuto un ruolo anticipatore. Dove si partecipa alle decisioni e al capitale? La prima risposta ha identificato come sede l'impresa. Ma i problemi che si sono presentati (politici, sociali e giuridici) hanno reso tale proposta, impraticabile per quanto buona nelle intenzioni. Così, nel corso del tempo, si sono configurate soluzioni che riducessero la portata degli ostacoli. Una partecipazione alle decisioni e alla formazione del capitale, fuori delle imprese, è stata la seconda via di ricerca. Sul terreno della ricerca si distinguono l'Italia quanto i Paesi Scandinavi e la Repubblica Federale (che, sia detto per inciso, la partecipazione alle decisioni delle imprese, la "Witbestimmung" è parte non secondaria delle Operai nella fabbrica di laterizi, Modena 1900. --------- . ~11,BIAl\CO l.X-11, llos.50 1111 #§1 9 esperienze nel campo). Di recente con i fondi Esop, anche i sindacati americani sono entrati sulla scena. L'Italia grazie alla Cisl, ha ricercato una via di partecipazione esterna con proposte che risalgono al 1956 - con il cosiddetto risparmio contrattuale. Si supponeva, di negoziare, nei normali contratti collettivi la possibilità di raccogliere risparmio, convogliarlo in un fondo nazionale (incoraggiato fiscalmente) che consentisse di raccogliere tali quote e provvedere ad investirle. La presenza anche dei sindacati negli organi decisionali (il che non significa nella gestione tecnica) doveva realizzare la partecipazione alle decisioni di investimento, non nelle singole imprese, ma nel Paese. Merita di essere ricordato che, in Italia, un risparmio utilizzato dalle imprese, in forme generalizzate, è rappresentato dalle indennità di anzianità. Occorrerà arrivare ai primi anni '80 per ritrovare una proposta operativa che va in questo senso. Cgil-Cisl-Uil si trovarono inizialmente d'accordo, nel convertire un "obolo" a fondo perduto, richiesto dal governo in delle retribuzioni, in un fondo di accumulazione le cui quote rimanevano di proprietà dei lavoratori, da impiegare in fondi di investimento per iniziative di sviluppo del Mezzogiorno. Per questo fu chiamato Fondo di solidarietà. Ove fosse applicato, oggi, all'insieme delle retribuzioni, realizzerebbe patrimoni del1'ordine di 2000-2500 miliardi l'anno, rappresentando in 1/20 degli investimenti privati e pubblici annui. Sfortunatamente quell'iniziale consenso, dibattiti ed avvii pratici, si sono dispersi. Non è questa la sede per discutere le ragioni di chi ha ostacolato l'iniziativa. Si può dire che l'iniziativa si è bloccata. Questo non è certamente un successo per qualcuno, al contrario, ha contribuito a portare all'indietro le frontiere del progresso sociale dei lavoratori e del paese. Tardive giustificazioni che di tanto in tanto affiorano non riducono le responsabilità passate e i guasti dell'oggi. Per quanto riguarda l'Italia possiamo fermarci a constatare che questo blocco non è dovuto all'opposizione degli imprenditori o del Governo. Ma è dovuto al sindacato, agente propulsivo dello sviluppo sociale, che non ha saputo essere all'altezza della situazione. Ma quale è la prospettiva? Il crollo dell'Est, riapre, per tutti, i quesiti: quale sviluppo sociale, per quale società? L'occidente, che pure esce vincitore dal confronto, appare grigio nelle idee come nei propositi. I sindacati, in particolare, sembrano perfino aver dimenticato il ruolo centrale che hanno giocato in questo secolo. Che cosa potrà rianimare i loro propositi e ideali, senza i quali i fatti non camminano? È un interrogativo che ha poco a che fare con quella sindrome della crisi che gode di tanta buona stampa in questo nostro strano Paese. ■ 41 ·

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==