erroneamente problemi di potere imprenditoriale, come se non fosse determinante, ai fini dell'efficacia della gestione di quei poteri, il massimo di consenso sociale possibile, sia interno che esterno. È di questi giorni un improvviso mutamento di rotta che, partendo da Corso Marconi sta cominciando ad influenzare l'organizzazione imprenditoriale privata. Il ragionamento è semplice: la sfida della «qualità» non ha alcuna probabilità di essere vinta senza il coinvolgimento dei lavoratori in ogni fase della produzione. Ma non è possibile (o non è opportuno) coinvolgere i lavoratori senza far partecipare il sindacato almeno alla fase di applicazione delle strategie aziendali. Potrebbe essere la volta buona! E speriamolo, perché siamo in ritardo soprattutto nei confronti dei nostri partners europei i quali, se si eccettua la Gran Bretagna, un sistema di democrazia industriale se lo sono dato da lungo tempo (come la Germania) o se lo stanno dando (Spagna, Portogallo, ecc.). Il problema, ancora una volta, è che corriamo il rischio, non avendo sistemi strutturali, di vederci imporre sul piano europeo i sistemi inventati dai Paesi economicamente più forti. Con il rischio, per non aver voluto la concertazione, di vedersi entrare dalla finestra sistemi di «mitbestimmung». È un altro dei paradossi tutti italiani! Impresa, finanza e accumulazione S e è vero (come è vero) che l'efficienza e la competitività delle nostre imprese dipendono sempre di più dall'efficienza generale del sistema economico, quest'ultima può essere incrementata migliorando innanzitutto e soprattutto la qualità delle infrastrutture, sia materiali che immateriali. Per ciò che concerne quelle materiali, che hanno indubbiamente giocato un ruolo fondamentale nella fase di sviluppo degli anni cinquanta e sessanta, una grossa politica di investimenti in infrastrutture materiali comporterebbe un impegno finanziario ora impensabile alla luce delle difficoltà del bilancio pubblico. Questi investimenti non sarebbero comunque sufficienti per consentire un sentiero di sviluppo duraturo. Oggi giocano un ruolo fondamentale le infrastrutture immateriali, ossia le reti di raccolta-trasmissione-elaborazione delle informazioni e di produzione di servizi che costituiscono, metaforicamente, il sistema nervoso e il vero cervello dell'apparato produttivo. Una seconda tipologia di infrastrutture immateriali che deve essere di Giampiero Cantoni segnalata è quella di una rete di servizi per le imprese, in particolare per le piccole imprese, che favorisca l'innovazione, la commercializzazione, specie sui mercati esteri, è il finanziamento dell'attività produttiva e di investimento. Gli avvenimenti recenti, ossia la febbre di fusioni, incorporazioni e scalate che si è diffusa non solo in Italia ma in tutti i principali paesi industrializzati, suggeriscono l'idea che stia prevalendo un modello di sviluppo più accentrato di quello degli anni cinquanta e sessanta in forme diverse che accentuano l'internazionalizzazione dell'attività economica e la flessibilità interna dell'organizzazione produttiva. Questo pone diversi ordini di problemi, fra i quali quello delle istituzioni preposte alla regolazione del sistema economico che non sembra più in grado - per i limiti nazionali della loro giurisdizione nonché, nel caso di un'economia dalle dimensioni come quella dell'Italia, per le dimensioni relative del loro intervento - di svolgere efficacemente le loro funzioni. Le istituzioni regolatrici non sono più al centro dei fenomeni da regolare e rischiano anzi di diventare sempre più periferiche e quindi impotenti. In tal senso risulta indispensabile introdurre nuove forme di regolazione che siano in grado di superare gli attuali limiti dimensionali e geografici. In questo contesto, anche la capacità del sistema finanziario di affrontare in maniera adeguata il processo di accumulazione per il sistema economico riveste un ruolo preponderante. L'intervento dello Stato per il settore deve essere quello di consentire che il mercato individui quella struttura dell'apparato finanziario in grado di influire favorevolmente su intensità e qualità dell'accumulazione, in modo da accrescere la produttività media del nostro sistema economico mantenendo l'assetto dell'economia equilibrato tra grande impresa, da una parte, e le piccole e medie imprese, dall'altra. A tal fine, si rende necessaria l'impostazione di una politica bancaria di medio periodo, a livello di settore, diretta ad intervenire sull'articolazione tra le due istituzioni centrali in cui si struttura il sistema finanziario italiano, la Banca e la Borsa. Ciò al fine
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