Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 5/6 - giu./lug. 1990

anche - e soprattutto - un ambiente ricettivo in grado di innescare tra la gente i necessari cambiamenti di stile e di cultura. Il discorso si sposta allora sui modelli (intesi come una proposta globale fatta di strumenti organizzativi, di precisi comportamenti e di valori che omogeneizzano ed orientano scelte ed azioni verso gli obiettivi prefissati con la necessaria coerenza) che questa società è in grado di offrire. Il primo riferimento è, senza dubbio, per l'associazionismo che è, in effetti, il nucleo centrale di qualsivoglia proposta di democrazia economica. Si evidenzia, allora, il ruolo e le potenzialità del modello cooperativo che resta il più efficace "braccio operativo" dell'associazionismo quando le finalità da perseguire ed i rapporti da {)JL BIANCO '-X-lt llOSSO 1111 #0111 creare richiedono l'organizzazione e gli strumenti dell'impresa e che "vive" del tasso di democrazia della sua gestione interna, proponendosi così come palestra di formazione permanente ai valori etici in ogni campo dell'agire umano. E grazie al costante riferimento alla solidarietà - intesa come valore e come metodo organizzativo (orientato a privilegiare la collaborazione sulla competizione) - il modello cooperativo può offrire quei gradi successivi di aggregazione all'azione delle persone e delle imprese che consentono, pur salvaguardando spazi di autonomia interna, di raggiungere la soglia del "sistema di imprese". Una soglia che corrisponde alla dimensione critico operativa necessaria per avere protagonisti della definizione e della realizzazione delle grandi scelte di politica sociale ed economica che il Paese si dovrà dare e dalle quali dipendono le possibilità di orientare il suo sviluppo qualitativo oltreché quantitativo. Diversamente, non saranno disponibili quelle risorse (progettuali, professionali, umane, finanziarie, etc.) equegli spazi operativi necessari per dare concretezza a tutto il potenziale del1'associazionismo, per realizzare quella società più giusta, più equilibrata ed omogenea sul territorio, più attenta ai processi di crescita "integrale" di tutti gli uomini ed alla lotta all'emarginazione ed alla discriminazione, che è il vero obiettivo della democrazia economica. Per la «concertazione» di impresa Vorrei soffermare la mia riflessione sul tema della democrazia industriale che rappresenta un tema centrale per il sistema delle relazioni industriali e una parte certamente significativa della democrazia economica. La democrazia industriale registra nel nostro Paese una condizione di forte arretratezza. È un fenomeno dovuto in larga misura a un capitalismo di tipo arcaico che ha sempre privilegiato il conflitto essendo in ciò speculare ad una concezione prevalente fino a qualche anno fa del sindacato come antagonista. Non da oggi si pone il problema di un rapporto più equilibrato tra capitale e lavoro. Le carenze sono evidenti già nell'art. 46 della costituzione che di questa materia offre una lettura ingenua e tipica di una società -==·-·-- di Guido Fantoni preindustriale. Negli ultimi anni, a partire dall'82, il problema ha certamente rappresentato il terreno discriminante su cui si è combattuta e ancora si combatte la battaglia per i rinnovamento del sindacato, tra Cisl, Uil e un pezzo di Cgil da una parte e comunisti dall'altra. L'equilibrio in questa fase si sposta verso una concezione meno conflittuale che - come contropartita - chiede partecipazione. La richiesta sindacale viene assolutamente respinta in linea di principio dal mondo imprenditoriale privato salvo poi trovare applicazioni a livello di fabbrica. Una maggiore disponibilità viene invece espressa dalle Partecipazioni Statali come effetto di una concezione che vede nel sindacato un interlocutore legittimo e necessario. In que- • 38 sto caso si è trattato di esperienze limitate ma importanti che si sono sviluppate attraverso un primo momento di mera informazione e che successivamente hanno consentito al sindacato di essere presente nella fase di definizione del progetto industriale e conseguentemente di chiedere ed ottenere dalle imprese modifiche di strategie. È il concetto italiano, di «concertazione» a livello di impresa o di sistema di impresa da non confondere - anche se altrettanto importante - con il sistema di concertazione politica che, per qualche periodo è stato di moda nel nostro Paese e poi sotto la spinta congiunta di Confindustria e Cgil, è stato inspiegabilmente abbandonato. L'esperienza non riesce ad amplificarsi in quanto pone, a mio avviso,

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